In questa lettera del 1997, Colin Ward trasmette la relazione tenuta per presentare il volume Individuo e comunità, antologia di scritti di Paul Goodman a cura di Pietro Adamo, pubblicata da elèuthera editrice nel 1995 e presentata lo stesso anno alla Libreria Utopia di Milano. Di seguito la traduzione italiana.
Da Colin Ward, Old Mill House, Kersey Uplands, Suffolk IP76ER, UK
1 Feb 1997 Milano. PAUL GOODMAN
Che la casa editrice anarchica elèuthera abbia pubblicato Individuo e comunità, volume di saggi di Paul Goodman, è davvero una buona notizia. Devo congratularmi con il traduttore Guido Lagomarsino e con l’editor Pietro Adamo per questo risultato, poiché l’inglese di Goodman (quello di uno scrittore consapevole di sé) non è necessariamente l'inglese meglio compreso in Inghilterra, a prescindere dall’Italia.
Affinché uno scrittore sia accessibile ai lettori, il suo lavoro deve essere reso disponibile, e questo è ciò che l’antologia di Pietro Adamo riesce a realizzare per Paul Goodman. Richiama inoltre l'attenzione su due suoi importanti libri di argomento differente che già esistono in traduzione italiana. Si tratta dell'importante libro sulla pianificazione comunitaria, scritto negli anni della seconda guerra mondiale insieme al fratello Percival Goodman, Communitas; Means of Livelihood and Ways of Life, e del libro che Goodman ha scritto con Frederick Peris e Ralph Hefferline, Gestalt Therapy. Excitement and Growth in the Human Personality, disponibile nella maggior parte delle lingue europee.
Paul Goodman, nato nel 1911 e morto nel 1972, era un poeta, drammaturgo, romanziere e critico di New York, e allo stesso tempo un pensatore educativo, uno psicoterapeuta e sostenitore della liberazione omosessuale (molto prima che fosse di moda) ...e un anarchico. Insieme alla sua famiglia visse in una povertà bohémien non per anni ma per decenni, fino a quando, sull'onda dell'autocritica americana alla fine degli anni di Eisenhower, il suo libro Growing Up Absurd (La Gioventù assurda) sui dilemmi dei giovani lo rese un autore di successo e una celebrità mediatica.
A mio avviso, ha gestito molto bene questa fama inaspettata. Noi propagandisti anarchici di solito soffriamo per l'assenza di un pubblico e pochi di noi hanno una qualche esperienza di accesso continuativo a radio e televisione, alla stampa e agli editori. Negli anni Sessanta pubblicava un libro dopo l’altro ed è diventato un idolo per i giovani disorientati della generazione studentesca, coinvolti in campagne per i diritti civili e di opposizione al disastroso coinvolgimento del governo degli Stati Uniti nelle avventure militari in Vietnam e nella «cultura della bomba» della Guerra Fredda. Senza dubbio ne era sessualmente attratto, ma li rimproverava per l’uso di slogan raffazzonati del marxismo autoritario e per la romanticizzazione della violenza.
L’istantanea fama mediatica evapora all'istante e al momento della sua morte Goodman era ancora una volta un pensatore fuori moda, pronto per essere riversato nel «buco della memoria» di 1984 di Orwell. Sarebbe scomparso dal mondo dei libri in circolazione, e di conseguenza dalla memoria collettiva, se non fosse stato per alcuni fatti tra loro scorrelati.
Forse il più importante tra questi è stato l'infinita energia del suo esecutore letterario ed eventuale biografo, Taylor Stoehr (professore di inglese all'Università del Massachusetts a Boston). Ha lavorato duramente per mantenere il nome di Goodman sotto gli occhi di svariati pubblici di lettori in molteplici riviste americane e questa operazione è arrivata al sorprendente traguardo di aver determinato la ristampa di almeno dodici libri di Goodman.
Molto interessante da un punto di vista anarchico è stato un articolo pubblicato da Taylor Stoehr (Growing Up Absurd–Again, «Dissent», Fall 1990) a proposito di «rileggere Paul Goodman negli anni Novanta», in cui sottolinea, a mio avviso in modo convincente, la perdurante rilevanza delle idee di Goodman rispetto a quel pubblico – da qualche parte là fuori – che voi e io vorremmo raggiungere: «Molte di quelle idee fanno ora parte della conoscenza e dell'esperienza comune, poiché fin dall'inizio facevano parte del buon senso. Non sono mai state sua creazione o proprietà: erano verità della natura umana, saggezza tradizionale ricordata in un momento di impasse. Penso all'appello anarchico di Goodman per il decentramento e l'autonomia locale fondata sulla vita comunitaria; il suo sollecitare un equilibrio più vivibile tra valori urbani e rurali; il suo ricordare che la tecnologia appartiene propriamente alla giurisdizione della filosofia morale e non ai team di ricerca e sviluppo delle corporazioni o del Pentagono; la sua critica dei sistemi educativi rigidi e dei mass media ammazza-arte dediti a uno standard di vita all’insegna dello spreco e della venalità. Anche se non possiamo dire che tali idee abbiano ora trionfato in alcun modo concreto, sono sicuramente parte della nostra verità, e Goodman è una delle nostre guide per metterla in pratica».
Ma ci sono altri motivi, a seconda dei diversi pubblici, per cui Goodman rimane attuale. Uno di questi è l'interesse per la Gestalt Therapy, campo in cui la sua reputazione e il suo status sono separati dalla sua reputazione di figura letteraria e di propagandista anarchico. Mi affido a Taylor Stoehr per rassicurarmi sul fatto che il pensiero anarchico nella tradizione di Kropotkin di cercare «una cittadinanza che possa fare affidamento sulla propria iniziativa e intraprendenza, che non sia alla mercé di un sistema al di fuori della sua esperienza reale, ma conosca se stessa e il suo mondo e possa agire per il proprio bene», è precisamente – una volta «tradotto in termini rilevanti per la psicoterapia» – la ratio e finalità della terapia della Gestalt.
Un altro dei pubblici specializzati di Goodman fu quello del libro Communitas, prodotto dall'architetto disoccupato e dall'anarchico renitente durante la seconda guerra mondiale. Molto tempo dopo che il libro era esaurito, una serie di sostenitori, come Daniel Bell o Lewis Mumford negli Stati Uniti, o come Carlo Doglio e Giancarlo De Carlo in Italia, dicevano agli studenti che questo libro era la dissertazione più importante che potevano trovare sul futuro degli insediamenti urbani.
Penso che ci siano molte ragioni per cui Goodman, con i suoi legami molto tenui con il movimento anarchico americano del suo tempo, possa essere visto come uno degli anarchici più significativi del ventesimo secolo. Vorrei attirare la vostra attenzione sull'ultimo dei suoi articoli, pubblicato dalla stampa americana dopo la sua morte nel 1972, molti anni prima del crollo dell'impero sovietico.
Goodman osservava che «per me, il principio fondamentale dell'anarchismo non è la libertà ma l'autonomia, la capacità di iniziare un compito e farlo a modo proprio... La debolezza del ‘mio’ anarchismo è che la brama di libertà è un potente movente per il cambiamento politico , mentre l'autonomia no. Le persone autonome si proteggono ostinatamente, ma con mezzi meno vigorosi, inclusa molta resistenza passiva. Alla fine, faranno comunque le cose a modo proprio. Il pathos dei popoli oppressi, tuttavia, è che – se si liberano – non sanno cosa fare. Non essendo stati autonomi non sanno cosa significhi, e prima che abbiano tempo di imparare si ritrovano con nuovi dirigenti che non hanno fretta di abdicare…».
Trovo questa osservazione di un quarto di secolo fa un'analisi di grande attualità, e questo è uno dei motivi per cui vorrei che leggeste la raccolta di Pietro Adamo degli scritti di Goodman Individuo e Comunità.