Intervista a Mimmo Pucciarelli del 24 agosto 2019 relativa all'incontro internazionale anarchico "Venezia 1984".
Mi chiamo Mimmo Pucciarelli, nato a Caggiano in provincia di Salerno nel 1954, vivo dal 1975 a Lione in Francia dove ero partito per non fare il servizio militare. Ho speso tutto questo tempo lavorando in diverse associazioni e cooperative, e impegnato quotidianamente in generale nelle diverse attività del movimento libertario ed in particolare nella realizzazione di una rivista e poi, dal 1979 con la creazione, insieme ad alcuni compagni, della casa editrice Atelier de création libertaire che quarant’anni dopo e due cento titoli in catalogo continua la sua piccola, ma constante diffusione di un anarchismo diciamo non dogmatico. Inoltre dal 2006 mi occupo della coordinazione delle iniziative del CEDRATS (Centre de documentation et de réflexions sur les alternatives sociales) che attualmente possiede una base documentaria di 15000 volumi e 5000 testate tra giornali e riviste. Oltre ad alcuni saggi di stampo sociologico, interviste a militanti e militanti libertari, ho scritto delle poesie in italiano o in dialetto caggianese. Inoltre, mi piace restitutire il mio sguardo sulla società, tramite la fotografia di cui pubblichiamo ogni giorno delle immagine sul blog “De ma Croix-rousse alternative”. A questo proposito mi fa piacere ricordare che la foto di copertina del libro fotografico dell’incontro di Venezia ‘84 l’avevo scattata io. Posso aggiungere che sono oramai in pensione, ho avuto tre figlie e per il momento ho quattro nipotine e un nipotino.
Nel 1984 aveva 30 anni e un’energia debordante che mi permetteva di partecipare alla redazione della rivista "IRL" ("Informations et reflexions libertaires"), della casa editrice ACL, alle attività dell’allora Coordination libertaire che riuniva praticamente tutti i gruppi anarchici di Lione, lavoravo in una cooperativa, e assumevo una presenza umana e militante nel quartiere della Croix-Rousse dove abitavo e abito.
Mi ero avvicinato all’anarchismo alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, poi avevo vissuto un anno a Roma dove frequentai la redazione di "Umanità Nova" in via dei Taurini, prima di salire verso il Nord a Carrara immergendomi sempre più nella “famiglia anarchica”.
Qui incominciai a vivere con Gemma Failla e partecipai, facendo dei piccoli lavoretti all’apertura della tipografia il Seme, e poi alla stampa e alla spedizione di “Umanità nova”. In quel periodo conobbi non solo Paolo Finzi, il compagno di Aurora la gemella di Gemma, ma anche gli altri membri della redazione di "A rivista anarchica", che naturalmente avevo iniziato a leggere fin dal primo numero.
Mantenni questi legami una volta approdato alla Croix-Rousse, non solo per motivi “familiari” o solo per conoscenza personale, ma per quelle affinità elettive legate da una parte ai miei interessi e curiosità culturali, e dall’altra alla preoccupazione di dare al movimento anarchico dei mezzi/idee per affrontare la modernità/attualità.
Seguivo quindi da vicino quello che succedeva a Milano, in quegli anni la capitale dell’anarchismo contemporaneo e in un certo qual modo innovatore, nono solo attraverso la stampa e i libri ma anche i convegni che promuoveva. Ricordo che per alcuni anni ho avuto con alcuni-e di loro delle lunghe conversazioni, tra l’altro sulla cultura libertaria.
Quando fu lanciata l’idea di questo incontro internazionale, quell'entusiasmo giovanile che ci dà la forza di ribaltare le cose, mi fece aderire spontanemente/naturalmente all’iniziativa con la convinzione che quel tipo di incontro ci avrebbe fornito delle armi per trasmetterne il succo nel mondo intero!
I ricordi più vividi di quei giorni sono musica punk, pasti autogestiti, convegni dove le parole pesavano quanto la storia dell’anarchismo intero, tutte cose che in quel momento rafforzarono le nostre comunque fragili certezze. Però essere sincero, devo dire le mie fragile certezze. E poi, fu stimolante e entusiasmante incontrare, discutere, ritrovarsi insomma tra le personalità che allora rappresentavano in qualche mondo l’anarchismo mondiale, in gran parte quello intellettuale, ma anche quello di movimenti impegnati quotidianamente in lotte diverse e variegate.
I colori dell’anarchia come la sogno da anni, non solo quelli rosso e nero. La capacità che quell’anno avemmo tutti e tutte ad “occupare” insieme una città simbolica, una specie di isola quasi ecologica con quel pizzico di umanità libertaria – e tra di noi che in vario modo curavamo i dettagli pratici dell’evento, solidarietà nello svolgere l’attività prescelta – credo che furono per molti di noi un’utopia durata quattro lunghi giorni.
Venezia '84 ci ha lasciato la voglia di continuare a organizzare degli incontri per dimostrare che l’anarchismo non si era fermato alla “belle époque”, non guardava soltanto alla Spagna rivoluzionaria del 1936, ne ai partigiani con i fucili in mano, ma si apriva al mondo contemporaneo cercando di carpirne gli stimoli, le ragioni, i desideri che i nuovi ribelli, sognatori, poeti, militanti-e della folta schiera presenti negli spazi dove si sperimentavano soluzioni organizzative, sociali, politiche e economiche avevano bisogno. In altre parole, la preoccupazione di proporre un anarchismo contemporaneo che sarebbe scaturito da un confronto con tutte le persone interessate, impegnate a capire meglio come far vivere, alimentare, confrontarsi con quelle alternative sociali che sono sempre presenti nel nostro quotidiano, e che spesso nascono da quella spontaneità inerente alla ricerca da parte di uomini e donne di mettere in pratica quelle idee libertarie che si contradistinguono per suoi colori arcobaleni.
Per anni sia personalmente, sia con l’Atelier de création libertaire, e poi con altre persone con le quali intrattenevamo dei rapporti più o meno regolari, più o meno intensi, continuammo la nostra attività con lo sguardo rivolto a Venezia ‘84. Pubblicammo gli atti dell’incontro, in una collana che chiamammo propio "un anarchismo contemporaneo", organizzammo diversi convegni, tra i quali vorrei ricordare quello sulla Cultura libertaria... Pubblicammo quindi altri libri, eccetera. E sognavamo, e continuavamo a discutere a confrontarci tra quelli-e che consideravamo come rappresentanti dell’anarchismo “classico” e il “nostro” anarchismo che definivamo “contemporaneo”. Il primo ci sembrava rintanato nel près-carré che era il suo da un secolo e mezzo, mentre il secondo a volte, timidamente, si affacciava alla finestra del mondo, a volte scendeva per mescolarsi con le persone affine, altre per ritornare a rinchiudersi nelle pretese certezze delle grandi figure del passato.
Pensando a Venezi@ ‘84, che oramai possiamo catalogare come un piccolo momento della storia dell’anarchismo del Novecento, ho l’impressione di aver vissuto la parte più alta di quell’onda lunga che ci ha visto attori di quel rinnovamento necessario di cui aveva bisogno l’Idea. Altri avvenimenti, altre iniziative editoriali, lotte, discussioni sono poi venute ad accompagnare il nostro impegno quotidiano. Trentacinque anni dopo riprendendo il mano il libro fotografico che pubblicammo in un'edizione internazionale sento un pizzico di nostalgia per quella forza e volontà con la quale riuscimmo a sbandierare il viso aperto dell’anarchia, creatrice tra i canali di una città che non ci fu ostile.
Oggi, con questa barba bianca che racconta gli anni trascorsi a spedire libri, fare manifestazioni, cercare nuove alternative per non fermare l’orologio del tempo rivoluzionario, le mie fragile certezze, malgrado quella bella festa, navigano nel Mediterraneo alla ricerca di un’isola che...
[nella foto, Mimmo Pucciarelli (a destra) conduce Nico Berti a passo di danza durante un momento conviviale serale in Campo Santa Margherita]