Nato a Sanremo il 18 settembre del 1930 da madre casalinga e da padre impiegato come croupier in un casinò. Giovanissimo fece la staffetta partigiana. A Sanremo, dopo la Liberazione formò, insieme a due compagni, il gruppo anarchico Alba dei liberi. Tutti e tre si rifiutarono di fare il servizio militare. Arrestato nel 1950 per la sua obiezione di coscienza, Ferrua visse in seguito in semi-clandestinità, co-organizzando alcuni campeggi libertari internazionali, editando la rivista “Senza limiti” (1952-1954, 5 numeri) e lavorando in alcuni campi del Servizio civile internazionale. Giunto in Svizzera nel 1954 per sfuggire al carcere, fu inizialmente ospitato a Daley-sur-Lutry da Lise Ceresole, vedova del fondatore del Servizio civile internazionale, per poi stabilirsi a Ginevra e studiare da interprete/traduttore. Lì ritrovò alcuni compagni anarchici che subito coinvolse con l’obiettivo di proseguire il lavoro di Luigi Bertoni. Fu così che nel 1957 riapparve una versione di “Réveil anarchiste/Risveglio anarchico”, uscito con cadenza mensile per un anno e poi in modo irregolare. Vi collaborarono in particolare Alfred Amiguet e André Bösiger [vedi Bollettino 25] per la parte francese, Claudio Cantini, Carlo Frigerio, Carlo Vanza e Ferrua (che si firmava Vico) per la pagina in italiano.
Lo stesso anno, Ferrua lanciò anche il progetto per una mostra che aveva come tema la stampa anarchica mondiale; inviò moltissime lettere che ebbero tuttavia un successo alterno. Come soluzione per la conservazione dei periodici che cominciarono ad arrivare nacque l’idea del CIRA (Centre international de recherches sur l’anarchisme). A riviste e giornali si aggiunsero i testi recuperati dalla biblioteca di Luigi Bertoni e quelli del gruppo Germinal di Ginevra, così come, successivamente, un gran numero di libri appartenuti a Jacques Gross e ad altri militanti che aderirono presto al progetto: Hem Day, É. Armand, André Prudhommeaux, la SAC (Sveriges arbetares centralorganisation) ecc. Il CIRA ricevette poi anche gli archivi dello SPRI e della CRIA (rispettivamente il Secrétariat provisoire aux relations internationales e la Commission de relations internationales anarchistes, 1947-1958) che sono rimasti per lungo tempo inscatolati per essere infine inventariati solo quarant’anni più tardi.
Pietro Ferrua cercò costantemente di ottenere il riconoscimento del pensiero anarchico da parte del milieu intellettuale e universitario, e a questo fine tentò di creare un comitato d’onore internazionale del CIRA riunendo ricercatori e militanti. Questa operazione ebbe una certa eco, anche se ci furono diversi rifiuti. Sempre a Ginevra – al tempo il CIRA non era che una stanza piena di scatole di giornali e di pile di libri appoggiati su scaffali traballanti – sviluppò contatti con la Biblioteca universitaria e con quella delle Nazioni Unite.
Aveva anche riunito studenti e giovani ricercatori affinché aiutassero a catalogare, organizzare conferenze, pubblicare (e ciclostilare) il “Bulletin du CIRA”. Nel 1955, durante il campeggio anarchico di Salernes (Var, Francia) vennero organizzate delle vie di fuga per alcuni refrattari francesi, algerini e italiani. Molti di loro si trovavano in quel momento a Ginevra, dove l’attraversamento della frontiera non era difficile.
In uno slancio di solidarietà internazionale, nel febbraio del 1961 quattro giovani compagni lanciarono alcune bottiglie incendiarie contro il consolato di Spagna. Il fatto suscitò forti reazioni favorevoli ma ci furono comunque arresti ed espulsioni. Ferrua, insieme alla compagna brasiliana Diana Lobo Filho e ai due figli, dovette lasciare la Svizzera nel gennaio del 1963 alla volta di Rio de Janeiro, affidando il CIRA a Marie-Christine Mikhaïlo e Marianne Enckell che ne assunsero la gestione con piglio deciso.
In Brasile riprese rapidamente le sue attività intellettuali e militanti, in particolare fondando la sezione brasiliana del CIRA, fino a che nel 1969 non lo colpì un nuovo decreto di espulsione. Grazie a legami familiari trovò un nuovo rifugio negli Stati Uniti, precisamente a Portland in Oregon. Lì, dal 1970 al 1987 insegnò presso il Lewis and Clark College, occupandosi di lingue straniere, letterature comparate e storia del cinema. In effetti si interessava da sempre alle forme artistiche e letterarie d’avanguardia, e infatti nel 1976 organizzò il primo simposio internazionale sul lettrismo e pubblicò numerosi lavori e opere sull’argomento. Fu anche membro dell’INI (Internazionale novatrice infinitesimale).
Ci vollero parecchi anni prima che le interdizioni di soggiorno in Italia, Francia e Svizzera fossero infine eliminate e lui potesse tornare in Europa. Poté così tornare a stare per un po’ a Nizza e a Sanremo, dove si prese cura di sua madre.
L’interesse per l’anarchismo in ogni caso non scemò. Nel 1980 riuscì a organizzare all’interno della sua università una settimana internazionale di dibattiti, proiezioni di film, concerti ed eventi, tutto dedicato all’anarchismo e nonostante le irrazionali paure delle gerarchie accademiche. Pubblicò inoltre alcuni testi, Surréalisme et anarchie, Anarchisme et cinéma, Les anarchistes vus par les peintres, e anche due importanti libri sugli anarchici nella rivoluzione messicana e un dossier con le fonti disponibili sull’argomento. Oltre a proseguire le sue ricerche sull’origine dell’obiezione di coscienza in Italia, collaborò con varie riviste, come “A rivista anarchica”, “ApArte”, “Rivista storica dell’anarchismo”, “Art et anarchie”, “Bulletins du CIRA” di Ginevra-Losanna e di Marsiglia, con alcune pubblicazioni brasiliane e con numerose altre riviste e opere collettive.
Una volta in pensione, nonostante fosse riuscito a ottenere ancora qualche incarico come interprete, visse in ristrettezze economiche, cosa che lo costrinse a vendere una parte dei suoi archivi. Tuttavia organizzò ancora festival di cinema, partecipò a diversi seminari internazionali e portò avanti numerose ricerche.
In questi ultimi anni la sua salute si era deteriorata e aveva dovuto sopportare il dolore della perdita prematura dei due figli, Anna e Franco, oltre che della moglie Diana morta prima di lui. Alcuni dei suoi vecchi studenti, che avevano continuato a frequentarlo, lo hanno accompagnarlo fedelmente anche durante i suoi ultimi giorni, quando ormai viveva in una struttura sanitaria e non riusciva più a parlare.
Alcuni degli archivi raccolti da Pietro Ferrua sono andati dispersi o sono stati sequestrati in occasione dei suoi ripetuti esili, ma ne aveva comunque conservata e ricostituita la maggior parte. Sono stati donati (o lo saranno prossimamente) all’Archivio Famiglia Berneri-Chessa di Reggio Emilia, alla Labadie Collection dell’università di Ann Arbor (Michigan) e al CIRA di Losanna. L’iniziativa di Ferrua ha dato i natali ad altri CIRA, dalla vita lunga o effimera, ma raggruppati a partire dal 1974 sotto diversi nomi nella FICEDL (Fédération internationale des centres d’études et de documentation libertaire, ficedl.info).
Il fondatore del CIRA è morto il 28 luglio 2021 a Portland, Oregon, Stati Uniti.
di M.E., CIRA Lausanne, traduzione di Abi