Marie-Christine Mikhailo (11 ottobre 1916 - 8 novembre 2004).
La sua preziosa ed eroica vita – questa volta non di un eroismo fatto di grandi gesti ma di un costante impegno, silenzioso, quotidiano, così “normale” da essere straordinario – attraversa praticamente un continente (l’Europa) e un secolo (il XX), ed è legata in modo indissolubile a una casa: quella di Beaumont 24 a Losanna. Chi scriverà un giorno la sua biografia (questo è quello che ardentemente speriamo) non potrà non accompagnarla alla storia di questa casa, luogo significante di valori cosmopoliti, di intrecci e relazioni internazionali, crocevia di incontri straordinari, punto di partenza di iniziative e di idee sovversive e libertarie. Come recita opportunamente il titolo di un documentario-intervista realizzato dalla televisione cantonale svizzera e a lei dedicato, Dall’alta borghesia finlandese all’anarchismo, Marie-Christine ripercorre i suoi 88 anni di vita lungo le strade che la porteranno, partendo da una situazione di indubbio privilegio, ad abbracciare valori e ideali profondamente diversi quali sono quelli dell’anarchismo. Nasce in Finlandia perché la madre sposa nel 1911 un giovane aristocratico, rinomato giurista, conosciuto a Losanna in questa casa che fa parte della sua storia e che allora ospitava buoni rampolli di importanti famiglie europee venuti qui per apprendere la lingua francese, in quegli anni considerata importante e “à la page”. Quando MarieChristine nasce, la Finlandia non è autonoma ma è ancora un governatorato di Mosca. La sua infanzia trascorre negli agii di un ambiente patriottico, molto spesso con i nonni paterni, in una dacia signorile tra boschi e foreste che solo dopo lo scoppio della rivoluzione bolscevica del 1917 diventano di diritto finlandesi con la raggiunta indipendenza del Paese. Il padre diventa l’assistente del ministro che firmerà, per parte finlandese, gli accordi di Versailles. Prevedibilmente, impartisce alla figlia un’educazione patriottica, anti-russa, negandole ogni formazione professionale e politica, ma formandola secondo i costumi propri di una tradizione aristocratica adeguata ai tempi e ai luoghi. Alla morte improvvisa del giovane marito, la madre rientra con la figlia a Losanna, nella dimora della nonna materna, che continua a essere un pensionato per studenti di “rango”, e viene introdotta nella vita di questa casa crescendo tra giovani cosmopoliti e di belle speranze. A17 anni si innamora “platonicamente” di un giovane che diventerà un famoso cantante svizzero e che nel suo intimo “amerà” per tutta la vita. La madre, molto autoritaria e legata alle convenzioni sociali, intende contrastare questo sentimento della figlia e la manda spesso in Finlandia per farle dimenticare questo giovane e sottrarla alla sua influenza. In una di queste gite obbligate, Marie-Christine conosce un giovane e promettente diplomatico finlandese, Ralph Enckell, figlio di un ministro degli esteri, di cui si innamora e con cui si sposa. La sua vita si riempie di impegni mondani, di incontri diplomatici, di esteriorità, di atteggiamenti e comportamenti controllati, rigidi, tradizionali, che mal si coniugano con l’ambiente cosmopolita, aperto, vitale di Beaumont. All’età di 26 anni è già madre di quattro figli. Allo scoppio della guerra, tutta la famiglia si trasferisce nell’ambasciata finlandese di Stoccolma. Qui vive come si presuma debba fare la moglie di un diplomatico finlandese, tutta votata alle sue funzioni di madre ormai di cinque figli (è nata anche Marianne, l’unica femmina). Nel 1946 con il marito e i figli si trasferisce a Parigi e qui, dopo un anno e mezzo, rimane sola con i piccoli, abbandonata dal marito, senza alcuna formazione professionale e con un divorzio arrivato per lettera. A Parigi conosce una ex internata in un campo di concentramento nazista che le chiede di trascorrere le notti con lei, giacché non può più dormire a causa dei tragici e sconvolgenti traumi subiti, e di trascrivere i suoi ricordi sulle atrocità vissute. Conosce così a fondo le nefandezze di cui si è macchiato il regime nazista, vivendole profondamente e intensamente attraverso i racconti di questa donna. E così che si forma la sua prima coscienza politica. Marie-Christine si trova così tragicamente sola negli anni 1948-49. Che fare? L’unica cosa possibile: ritornare a Beaumont, nella sicura e insostituibile casa, nella pensione di famiglia. Oltre alla madre qui ritrova anche una zia, vedova di Pierre Ceresole, famoso pacifista svizzero protagonista di numerose battaglie e più volte oggetto di azioni repressive da parte delle autorità per la sua attività militante. La casa di Beaumont diviene sempre più un centro non convenzionale, aperto, cosmopolita, che accoglie il passaggio di obiettori di coscienza, rifugiati politici, esuli di vari Paesi che animano la vita del luogo e arricchiscono la formazione di Marie-Christine, che diviene anche lei pensionante, aiutando la zia e la madre e così offrendo ai propri figli una stabilità e un ambiente ricco e sereno nel quale crescere. Nel frattempo si risposa, ottenendo così la cittadinanza svizzera, con un medico dal quale però si separa presto. Tra gli ospiti di Beaumont vi è anche l’anarchico italiano Pietro Ferrua, un obiettore di coscienza le cui idee attirano particolarmente Marie-Christine e che diventerà sia un punto di riferimento importante per la sua formazione libertaria, sia una figura decisiva per la nascita del Centre International de Recherches sur l’Anarchisme (CIRA). Ferrua infatti, dopo essersi trasferito a Ginevra, le invia giornali anarchici svedesi e di altri Paesi chiedendole di tradurli e di riassumerne i contenuti. Lei li divora, si appassiona, sente che il suo cuore batte sempre più all’unisono con queste idee. Nel frattempo Ferrua continua a raccogliere pubblicazioni anarchiche di diverse nazioni e di molteplici lingue che vanno a costituire il primo fondo del Centre International de Recherches sur l’Anarchisme, definizione sicuramente altisonante all’inizio, ma oggi, grazie anche a Marie-Christine, unica e straordinaria realtà. A Ginevra studia anche la figlia Marianne che comincia a frequentare la biblioteca e costituisce un collegamento continuo e costante tra Ferrua e la madre. Madre e figlia, in naturale e informale simbiosi, perfezionano la loro formazione e diventano sempre più protagoniste della vita del CIRA. In occasione delle proteste contro il regime franchista e in sostegno dei detenuti politici, perfezionano sul campo la loro militanza. Sarà proprio il tema della giustizia, delle carceri e della repressione poliziesca, che, come amava ricordare Marie-Christine, favoriranno in lei la consapevolezza della necessità di lottare contro lo Stato. A Ginevra incontra e conosce il suo futuro compagno, Stoyadin, che è un esule anarchico bulgaro, fuggito dalla repressione comunista, e diviene presto la signora Mikhailo. Nel frattempo Pietro Ferrua viene espulso dalla Svizzera e ripara in Brasile dopo un attentato anarchico contro il consolato spagnolo a Ginevra in segno di protesta contro il regime franchista. A gestire il CIRA resta Marie-Christine con l’aiuto di Marianne, che a questo punto si trasferisce a Beaumont 24. Da allora fino all’8 novembre del 2004, la vita di Marie-Christine resterà indissolubilmente legata a quella di questa biblioteca che è di per sé una storia nella storia.