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Pinelli una storia Venezia 1984 Crocenera anarchica

Home Centro studi libertari - Archivio G. Pinelli

Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta - Albert Camus

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Anarchy, Ward, Gran Bretagna, 1970

AUTODISSOLUZIONE DEL MENSILE INGLESE “ANARCHY” NELLE PAROLE DI COLIN WARD

 

Nel 1970 comunicai ai miei colleghi, con sei mesi di preavviso, la mia intenzione di smetterla di fare il redattore [di “Anarchy”]. Era mia opinione che dieci anni di lavoro redazionale fossero troppi per chiunque, anche per il più formidabile dei redattori: routine e formule automatiche cominciano a imporsi. E sebbene la gente spesso mi dica ancor’ oggi che “Anarchy” negli anni Sessanta affrontava argomenti che sono stati poi percepiti come importanti solo negli anni Settanta e Ottanta, ci stavamo comunque muovendo verso un decennio differente. Sono diventato uno scrittore di libri, soprattutto sull’abitare, l’educazione e sugli usi popolari o non ufficiali dell’ambiente, rimanendo in parte anche un giornalista semplicemente perché i venticinque libri che ho scritto o curato nei successivi venticinque anni mi hanno fatto guadagnare molto poco. Tutti quanti, però, hanno proposto un approccio anarchico a un pubblico di lettori che non avrei raggiunto altrimenti.

Nel frattempo “Anarchy” ha ottenuto una grande reputazione retrospettiva e postuma. È ricordato come un giornale migliore di quanto fosse in realtà. E naturalmente non ho nulla da obiettare a tal proposito. Ma le questioni di formato, di periodicità o del taglio stesso di un qualsiasi giornale anarchico sono piccole cose comparate con i problemi cruciali che avevo posto ai compagni redattori negli anni Sessanta. Sono questioni a cui né io né altri anarchici che si occupano di giornalismo hanno risposto in modo efficace.

 

Fonte: Colin Ward, L’esperienza di «Anarchy» (1961-1970) nei ricordi del suo redattore, «Bollettino dell’Archivio Pinelli», n. 6, dicembre 1995, pp. 32-34.

 

 

15/11/2024
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