Gli abiti nuovi del presidente Mao
di Simon Leys
Edizioni Antistato, Milano, 1977
208 pp.
Dalla quarta di copertina:
«Dopo tante opere sulla Rivoluzione culturale, il libro di Simon Leys dà finalmente una descrizione verosimile quanto allo svolgersi dei fatti ed una spiegazione solida quanto alla dinamica delle lotte».
L’Express
«I Cento Fiori, il Grande Balzo, la Rivoluzione Culturale... da ieri ci vedo un po’ più chiaro: ho appena finito di leggere Les habits neufs du President Mao».
Charlie Hebdo
«Dopo La Confessione di London, non ho letto nulla di più sconvolgente in campo politico. Di più disperante o, forse, di più rasserenante: si esce da questi ‘abiti nuovi’ più che mai convinti che, senza libertà, non c’è ‘socialismo dal volto umano’. Nient’altro che termitai».
Le Nouvel Observateur
Dalle pagine di questa dissacrante cronaca — la cui edizione francese è stata meritatamente un «best-seller» — esce a frantumi il mito maoista. Anzi esce a frantumi la stessa «rivoluzione culturale proletaria», cui l'autore nega sostanza sia rivoluzionaria, sia culturale, sia proletaria.
Collegando le vicende del ’67-’69 ad altri episodi della recente storia cinese, come i «cento fiori», il «grande balzo in avanti» ed il convegno di Lushan, l’autore ne consente una lettura più significativa, in un quadro interpretativo complessivo della lotta per il potere in seno alla nuova classe dominante cinese. Un quadro che rende intellegibili anche eventi successivi come il «caso Lin Piao», il «caso Teng Hsiao-ping», la «banda dei quattro», ecc.
Viene così a delinearsi una «rivoluzione culturale» che è in realtà una formidabile manipolazione di massa, finalizzata alla controffensiva di una frazione minoritaria della «burocrazia rossa» contro la maggioranza dell’apparato direttivo del partito, dello stato e dell’esercito; controffensiva lanciata e guidata dal capo carismatico Mao per uscire dall’emarginazione politica in cui era stato progressivamente confinato.
Scritto con stile agile ed arguto ma sorretto da un eccezionale supporto documentario di prima mano, questo lavoro d’uno dei più noti sinologi (Leys, pseudonimo d’un appassionato studioso della cultura e della storia cinese, autore di vari libri, è stato chiamato nello scorso anno ad insegnare nell’Università di Canberra, in Australia) non mancherà di scandalizzare chi ancora, nonostante tutte le evidenze, crede nella «salvezza secondo Mao», fornendo d’altro canto preziosi elementi conoscitivi su una realtà contemporanea di fondamentale importanza, a quanti vogliono sapere e capire al di là delle cortine fumogene del mito e dell’ideologia.