[estratto dal Bollettino 58]
Dare la parola al silenzio. L’anarchia di John Cage
di Marco Sioli
John Cage è sicuramente uno dei figli dell’America libertaria del Novecento. Nato a Los Angeles nel 1912 si era formato alla scuola dell’ambientalismo e della protesta, che ritrovava spesso alla sua base il pensiero di Henry David Thoreau e della disobbedienza civile: “Leggendo i Diari di Thoreau – scrisse Cage – scopro che tutte le idee che non ho mai avuto valgono tanto oro quanto pesano”. Le frasi brevi e pesanti come macigni, come erano state quelle di Thoreau, ci riportano a un uomo fragile ma testardo che ha usato la musica per scardinare la patina di perbenismo della società americana prima nel New Deal rooseveltiano, poi durante i silenziosi anni Cinquanta e quindi nei più rumorosi anni Sessanta. Nel proclamare “tutto quello che facciamo è musica”, Cage allargava la platea dei musicisti all’intera umanità ritrovando nella musica il futuro del mondo.
Una musica e una scrittura che cercavano di compenetrarsi, così come si compenetravano l’Oriente e l’Occidente che Cage aveva studiato e viaggiato idealmente come un vagabondo, come uno degli hoboes della Grande depressione che salivano e scendevano dai treni in cerca di uno spazio vitale. Il suo spazio lo aveva ricavato tra i continenti e tra le culture per allontanarsi dalla noia suscitata dal conformismo di una società che enfatizzava le qualità dell’Average American, ma che si rifiutava di vedere il diverso se non come parte di una società parallela deviata o, come scriveva Paul Goodman, assurda. La musica ancora una volta come guida in questa ricerca, una musica sperimentale. “Chiamo musica sperimentale quella in cui si cerca. Ma senza sapere quale è il risultato” affermò Cage in una celebre conversazione con Daniel Charles[1]. I frutti arrivarono già nel 1938 in uno studio radiofonico a Seattle: i suoni tecnologici che uscirono da un pianoforte, che era stato preparato “per far esplodere la tastiera”, costituivano uno dei primi esempi di musica elettronica.
Il piano preparato permetteva a Cage di mettere tra le mani di un solo pianista l’equivalente di un’orchestra di percussioni. Lo strumento si riempiva di chiodi e cacciaviti, forchette e stilografiche. Un processo terminato con la composizione di Bacchanale, una composizione musicale simile a una festa alcolica o appunto baccanale, che ancora oggi celebra l’importanza di Cage nel panorama musicale mondiale[2]. La fase successiva fu quella di introdurre nel pianoforte non solo oggetti metallici ma anche di legno e gomma. Un nuovo all’allargamento dei materiali che portava a The Perilous Night del 1944 in cui era il bambù a fare da protagonista: una geniale soluzione che ammorbidiva le note avvicinandole a quelle degli strumenti a percussione orientali[3]. Il mix di suoni era ormai alla portata di un pubblico di specialisti che si confrontavano con la musica elettronica e il successivo lavoro, Sonatas and Interludes, un ciclo di venti composizioni per pianoforte preparato, poneva Cage all’apice della già nutrita schiera dei musicisti d’avanguardia[4]. Oltre al metallo e al legno, egli aveva aggiunto della plastica e anche delle noci. Per il suo mentore, il celebre compositore austriaco Arnold Schönberg, che proprio a Los Angeles si era trasferito nel 1934 a causa delle persecuzioni naziste, Cage non era un compositore “ma un geniale inventore”[5].
Sicuramente John Cage era molte cose. Interessato alle arti figurative e alle performance era comparso anche come attore in uno dei primi film di Maya Deren, At Land del 1944. La pioniera del cinema sperimentale americano portava anche in scena in quella occasione la moglie di Cage, Xenia Kashevaroff[6]. Nell’aprile dello stesso anno John Cage si avvicinò al coreografo e danzatore Merce Cunningham con cui iniziò una intensa collaborazione ma anche una relazione sentimentale che lo portò al divorzio nel 1945. La sua musica con la compagnia di danza di Cunningham acquistava un nuovo aspetto teatrale. Influenzato dalla lettura di Antonin Artaud e dall’idea di un teatro senza letteratura, Cage ipotizzava un concerto senza musica in cui la mobilità del pubblico all’interno dello scena era garantita. Nelle sue performance, ormai diventati happenings, tutti potevano essere al centro del palcoscenico. Come un bosco in cui la disorganizzazione della natura – degli alberi, dei funghi, degli uccelli – era parte di una grande armonia, la non musica di Cage diventava una sorta di anarchia armonica: “Ciò che voglio è un’anarchia pratica, o praticabile” aveva affermato Cage, poiché un’anarchia impraticabile avrebbe portato all’intervento della polizia e quindi alla fine stessa dell’armonia[7].
Il successo delle sue composizioni arrivò proprio negli anni Cinquanta. Il mix di musica, tecnologia e filosofia incrociarono prima l’orchestra e poi la televisione. Il concerto per piano preparato e orchestra da camera del 1951 sarebbe stato replicato negli anni a venire da decine di orchestre di professionisti e non, mentre la sua performance Water Walk del 1959, proposta anche in un quiz televisivo italiano presentato da Mike Bongiorno, incontrò un pubblico molto divertito e gli applausi non mancarono[8]. La scena era composta dagli infiniti oggetti di una abitazione americana, il tempio del consumismo, che però lui ripensava con abilità come strumenti musicali. È del 1952 anche il suo brano più famoso 4′33″ (Four Minutes and Thirty-three Seconds), un brano in cui l’esecutore deve rimanere sulla scena in silenzio per quel periodo di tempo. Ma la musica di Cage era più interessante da pensare piuttosto che da sentire e il successo commerciale rimase sempre una chimera.
I lunghi anni Sessanta furono impegnati da Cage per gestire una improvvisa popolarità. Le riviste lo descrivevano come uno dei più importanti musicisti contemporanei, amato dalla contro cultura ma sempre imprevedibile e critico nei confronti dell’establishment. In piena Guerra fredda la sua difesa dell’anarchismo di Thoreau, della visione olistica dell’architetto Buckminster Fuller e del maoismo, inteso come “modello pervenuto per liberare dall’indigenza un quarto dell’umanità”, lo poneva ai margini del sistema americano che rifiutava l’ideologia come intrinsecamente pericolosa e rivoluzionaria[9]. Cage era famoso ma costretto quasi all’indigenza al punto che la celebre femminista Betty Friedan, autrice di successo con il libro Mistica della femminilità pubblicato nel 1963, due anni dopo si impegnò per raccogliere un vitalizio per il suo sostentamento sino alla morte occorsa nel 1992. Questo in quanto John Cage, Fellow del dipartimento di musica della Wesleyan University di Middletown, Connecticut, non riuscì mai ad avere un incarico permanente sia per gli ideali politici che professava sia per i suoi scritti famosi ma controversi, come il primo libro Silence del 1961, un insieme di scritti su temi vari, tra cui la celebre Lecture on Nothing. Gli inviti ad eseguire le sue performance non mancavano anche se ormai Cage rifuggiva dalla musica per convergere nella dimensione dell’happening, nonostante che, proprio nel 1969, avesse scritto Cheap Imitation, la sua prima composizione per piano completamente annotata sullo spartito musicale[10].
Una di queste performance prese forma proprio in Italia, a Milano, in una fredda giornata di dicembre del 1977. Dopo un’affollata conferenza stampa presso il teatro Out Off la sera del 1° dicembre, il concerto Empty Words venne presentato la sera del giorno dopo al teatro Lirico alla presenza di duemila giovani ascoltatori[11]. Lo spettacolo prevedeva la lettura dei diari di Thoreau, ma l’assenza della musica per cui Cage era ormai famoso provoco da parte del pubblico fischi, urla e gesti di irriverenza nei confronti dell’autore che “nella sua inflessibile quiete” continuò per due ore e mezzo “un’incongrua lettura di sillabe”. Alla fine della performance Cage si alzò dalla sedia e si inchinò al pubblico. L’applauso finale, scrosciante e fragoroso, non era più ironico e riconosceva l’abilità dell’autore di essere riuscito a tirare le fila di un momento sospeso in cui l’anarchia pratica, che aveva teorizzato fin dalle prime apparizioni, si era trasformata in una forma di pedagogia politica grazie al “lieve soffio esilarante e dissolutore che aveva saputo far circolare fra i suoni”[12].
John Cage, Concert for piano and orchestra (1957-1958)
[1] John Cage, Per gli uccelli. Conversazioni con Daniel Charles, Milano, 1977, p. 44.
[2] Diverse sono le esecuzioni del famoso brano. Tra tutte si veda Margaret Lang Ten, John Cage: Bacchanale (1938/1940) al sito: https://www.youtube.com/watch?v=SwJLGUgs1jc
[3] La composizione The Perilous Night del 1944 si può ascoltare suonata da Tzenka Dianova al sito: https://www.youtube.com/watch?v=gFj4-AA4p_E
[4] Si veda Boris Berman, Sonatas and Interludes for Prepared Piano (1946-1948) al sito: https://www.youtube.com/watch?v=TJhv_k4xkMI
[5] Richard Kostelanetz, John Cage. Writer: Selected Texts, New York, 2000, p. xi.
[6] Anita Trivelli, Sulle tracce di Maya Deren. Il cinema come progetto e avventura, Torino, 2003, p. 114.
[7] John Cage, Per gli uccelli…, cit., p. 48.
[8] Per quanto riguarda la televisione americana si veda lo spezzono del programma I’ve Got a Secret del 24 febbraio 1960 al sito: https://www.youtube.com/watch?v=o68sG69ADNA
[9] John Cage, Per gli uccelli…, cit., p. 108.
[10] Si veda l’esecuzione di Cage con lo spartito nel 1975 presso il Broward Community College, in Florida, al sito: http://johncagetrust.blogspot.com/2009/
[11] Il servizio della RAI di Renato Marengo su John Cage al Teatro Lirico di Milano il 2 dicembre 1977 è al sito: https://www.youtube.com/watch?v=h-LqbxzwUgk. Il ricordo della conferenza stampa del concerto Empty Words è ricordato nel volume di Mino Bertoldo, a cura di, Out Off trent’anni 1976.2006, Milano, 2007, p. 69.
[12] Il commento della performance di Cage è di Roberto Calasso. Pubblicato originalmente su Panorama è ripreso in Ibidem.