Nell'aprile 1973, in occasione del trentennale della Resistenza, «A Rivista anarchica» pubblica un numero (quasi) interamente dedicato al contributo degli anarchici alla lotta partigiana. È la prima importante ricerca su un tema che fino a quel momento era passato sotto silenzio, era stato rimosso, in alcuni casi addirittura osteggiato. Sebbene il testo della ricerca sia già disponibile da diversi anni sul sito di «A», questa digitalizzazione integrale del numero della rivista include diverse informazioni aggiuntive, tra cui foto, didascalie, e alcuni trafiletti che erano stati scartati nella precedente digitalizzazione. Riportiamo qui di seguito l'introduzione originaria allo speciale e il suo sommario.
Antifascismo anarchico
Dagli articoli pubblicati nelle pagine 5 - 12 di questo numero della rivista si può avere una idea di come gli anarchici abbiano inteso e condotto la lotta contro il fascismo, dal suo nascere alla sua caduta. Dalle vicende dei giovani anarchici Marini di Salerno e Gaviglio di Vercelli, si può vedere che la combattività degli anarchici nei confronti delle carogne squadriste non è solo ricordo d'altri tempi. Il primo ha mandato un teppista di Almirante al cimitero, il secondo ne ha mandato un altro all'ospedale.
Quello che è necessariamente mutato rispetto a cinquant'anni fa è l'importanza attribuita al fascismo e dunque alla lotta contro di esso. Allora, giustamente, gli anarchici si opposero al fascismo con tutte le loro forze e con tutto il loro coraggio, perché vedevano in esso il principale nemico tattico, perché avevano compreso la sua funzione controrivoluzionaria. L'avevano addirittura prevista, questa funzione. Malatesta, nel '20, esortando gli operai a non disarmare e a non lasciare le fabbriche occupate li ammoniva che avrebbero pagato molto cara la paura fatta alla borghesia. Il fascismo infatti negli anni '20 espresse in modo ferocemente efficiente la risposta impaurita dei padroni alla rivoluzione mancata del primo dopoguerra (mancata per il tradimento vergognoso di socialisti e della C.G.L.). La paura era stata grande e grande doveva essere il giro di vite restauratore dell'"ordine": il fascismo appunto.
Oggi la cosiddetta "svolta reazionaria" risponde ad una piccola paura dei padroni, all'exploit extraparlamentare degli studenti ed al risveglio extra-sindacale di alcuni settori operai ed infatti sono bastati un Andreotti ed un centro destra. Né è prevedibile un ulteriore spostamento a destra dell'asse politico; anzi, appena l'economia nazionale accennerà ad uscire decisamente dalla crisi, probabilmente si avrà di nuovo uno spostamento "a sinistra". Il neofascismo non è e non può essere una prospettiva politica perseguita altro che da gruppi economici minori e circoscritti geograficamente. I padroni che contano (nell'industria privata ed in quella pubblica e mista) vedono i loro interessi validamente rappresentati dai cosiddetti partiti dell'arco costituzionale.
Oggi dunque il fascismo in Italia non costituisce un reale pericolo, ma solo un fastidio. I mazzieri del M.S.I. ed i dinamitardi della destra ultrà svolgono un ruolo para-poliziesco ausiliario ed occasionale in funzione di provocazione e di terrorismo spicciolo. Essi sono strumenti non tanto di un rinascente fascismo quanto della pseudo democrazia dominante. Il M.S.I. - Destra Nazionale è dunque un falso obiettivo, attaccando il quale si disperdono forze preziose e si fa il gioco del sistema che per l'appunto ha interesse a deviare su falsi obiettivi le tensioni sociali e la combattività delle minoranze ribelli, che ha interesse a reinventare un "estremismo di destra" per contrapporlo all'"estremismo di sinistra" annullandoli algebricamente.
Solo l'affannosa ricerca di temi pubblicitari demagogici può spiegare il "boom" della tematica anti-missina nella sinistra extraparlamentare che scimmiotta l'antifascismo parlamentare di maniera. Gli anarchici non cercano fasulle adesioni "di massa" sollecitate agitando fantasmi di sicura presa sentimentale (giustamente e fortunatamente i proletari italiani non hanno dimenticato l'odio per il fascismo).
Nel trentennale della Resistenza gli anarchici si rifiutano di unirsi al coro delle trombe antifasciste che con il loro clamore retorico "democraticista" coprono le dissonanze dello sfruttamento e dell'oppressione reale di oggi.
Allo stesso modo, per quanto riguarda i miserabili picchiatori e provocatori neofascisti, gli anarchici non hanno tempo ed energie da perdere per dare la caccia ai topi di fogna, purché però non li molestino direttamente. Altrimenti, Salerno e Vercelli insegnano.
Sommario
Antifascismo anarchico
Fascismo di stato
Gli anarchici contro il fascismo
Gli attentati a Mussolini
I cavalieri erranti
Coatti e baldi
Nella rivoluzione spagnola
Sarzana
Imola
Pisa , Reggio Emilia, Brescia, Castelbolognese
La strage di Torino
Piombino
Trieste ed Istria, Ravenna
La Camia, Pistoia
Milano, Lucca, Piacenza, Torino
Carrara, Genova
Anarchici ammazzati nella Resistenza
Dopo il ’45