Esiste in Italia un problema della casa, molto grave e urgente. Se ne è parlato a lungo subito dopo la guerra, quando le distruzioni belliche lo avevano acutizzato, ma abbastanza presto la discussione è stata travolta nello slogan politico della ricostruzione ed è rimasta vuota di tutti i suoi contenuti concreti. Eppure il problema della casa è al fondo della crisi della civiltà contemporanea, è anzi la materializzazione palpabile di questa crisi. Basta andare in giro per l’Italia, fermarsi nelle città e nei paesi, guardarsi attorno nelle campagne, vedere come gli uomini nascono, crescono e muoiono nelle loro case, per rendersi conto che il corpo sociale nel quale viviamo è in stato di decomposizione e che è necessaria un’energica cura attivizzante per risanarlo.
Nella casa, gli uomini degradano al livello delle bestie. Vivono senza luce, senza aria, senza sole, senza verde. Perdono i contatti con la natura e con i loro simili, dimenticano il valore della loro attitudine all’associazione e alla vita simbiotica, si trasformano in strumenti passivi pronti alla disciplina, all’obbedienza e alla guerra.
La pianificazione urbanistica può rovesciare questa situazione. Se gli uomini avranno una conoscenza profonda e capillare di tutti i
loro problemi locali, se li porteranno già elaborati alla soluzione tecnica e vigileranno attivamente perchè siano rispettati, la pianificazione urbanistica può diventare il più efficace strumento di azione diretta collettiva.
Articolo tratto da «Volontà», n. 10-11/1948