Il crescente estraniamento della gente dal processo architettonico rende indispensabile la figura del tecnico, l’urbanista, ma questo non impedisce la possibilità che gli abitanti possano riprendere nelle loro mani la progettazione e l'autocostruzione del loro ambiente. Come? Non ci sono ricette, però fortunatamente le risorse della gente sono imprevedibili e immense. Questa è la speranza di uno dei maggiori architetti e urbanisti contemporanei, oggi docente di composizione architettonica all’università di Genova, dopo aver ricoperto altre cariche in Italia ed essere stato visiting professor alla Yale University, al MIT, alla Cornell University e alla University of California. Tra i suoi numerosi libri vanno ricordati: William Morris, studio critico (1947), La piramide rovesciata (1968), An Architecture of Partecipation (1972). È inoltre direttore della rivista «Spazio e Società», e di una collana sui problemi della forma urbana presso Il Saggiatore. Articolo tratto da L'idea di abitare, «Volontà», n. 1-12/1989.