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Pinelli una storia Venezia 1984 Crocenera anarchica

Home Centro studi libertari - Archivio G. Pinelli

Visto che non viviamo più i tempi della rivoluzione, impariamo a vivere almeno il tempo della rivolta - Albert Camus

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Pazzi, sanguinari, terroristi?


«Nel fosco fin del secolo morente». Le parole con cui inizia l'Inno della rivolta ci aiutano a tratteggiare i contorni un periodo carico di tensioni, di fortissime disuguaglianze economiche e sociali quale è stato quello della fine dell'Ottocento in Europa. In questo contesto, le idee anarchiche (e quelle marxiste) suscitano una discreta attrattiva tra le masse popolari, e ispirano persone al di là delle distinzioni di ceto o classe sociale, come gli uomini di scienza Pëtr Kropotkin ed Élisée Reclus, o il «gentiluomo» Michail Bakunin.
I moti del 1848, che avevano cercato di fare piazza pulita della Restaurazione e dei suoi regimi assolutisti, le imprese Risorgimentali (pensiamo a Felice Orsini), l'esperienza della Comune di Parigi (e la sua feroce repressione), insegnavano che l'azione — anche violenta — era in quel momento il mezzo privilegiato per rovesciare lo status quo e provare a realizzare concretamente l'Ideale. In ambito anarchico viene formulato il concetto della «propaganda col fatto», che dopo una stagione di tentativi insurrezionali (come la Banda del Matese), sembra lasciare verso la fine del secolo la «scena» ad azioni — spesso individuali — che destano molto più scalpore nell'immaginario collettivo: una serie di attentati contro teste coronate e autorità pubbliche di vario ordine e grado, solitamente motivati dalla risposta a ingiustizie particolarmente intollerabili, e che registra diverse vittime illustri. In Italia l'esempio principale vi sarà pochi anni più tardi, nel 1900, quando Gaetano Bresci vendicherà le cannonate del 1898 del generale Bava Beccaris sul popolo di Milano, uccidendo il Re d'Italia Umberto I a colpi di rivoltella.

Agli occhi dei benpensanti, tutto ciò non poteva che ingenerare orrore: le «classi pericolose» cospiravano per il rovesciamento dei valori tradizionali, per l'esproprio delle ricchezze, per colpire al cuore le figure più sacre degli ordinamenti statali. Naturalmente, questo senso di insicurezza e di paura era sapientemente manipolato dalla retorica del tempo: i fatti eclatanti venivano ulteriormente ingigantiti e dipinti come solo un preambolo della forza distruttrice che l'anarchismo era in grado di scatenare, coloro che li commettevano non erano che le estreme propaggini di una setta tentacolare che cospirava nell'ombra per l'annientamento dell'umanità. Ciò al doppio scopo di legittimare misure repressive speciali e delegittimare la causa anarchica, dipingendone i militanti come pazzi e criminali sanguinari.

Uno dei principali esempi di quest'operazione si ha con Cesare Lombroso, la cui analisi dei fenomeni criminosi — compresi quelli politici — è tutta incentrata sulle caratteristiche del soggetto criminale: i delitti sono solo espressione di una naturale predisposizione. Il crimine diventa un elemento prevedibile e misurabile, che permette di riconoscere il «delinquente nato» come una varietà particolare e nefasta della specie umana che deve essere eliminata, o il rivoluzionario come un «pazzo morale» affetto da turbe ereditarie che ne minano il giudizio e lo spingono verso gesti e ideali «esagerati». Dopo la monumentale opera su L'uomo delinquente, la cui prima edizione è del 1876, ecco infatti che proprio in uno dei momenti più caldi - quel 1894 in cui Émile Henry scaglia una bomba nel caffè Terminus di Parigi e Sante Caserio uccide a pugnalate il presidente della repubblica francese Sadi Carnot - Lombroso pubblica uno spin-off dedicato esclusivamente agli anarchici (C. Lombroso, Gli anarchici, Fratelli Bocca, Torino, 1894). Non era del resto inusuale, per Lombroso, lo sfruttare gli argomenti del momento per mantenersi sulla cresta dell'onda: tutta la sua torrenziale produzione letteraria testimonia il suo gusto teatrale per la celebrità, per la provocazione e la necessità di esprimersi pubblicamente su qualsiasi tipo di argomento (viene alla mente un testo scritto pochi anni più tardi sulla pericolosità sociale della bicicletta). Questa attitudine, unita al fatto che i suoi supposti «resoconti scientifici» si prestano assai bene a essere letti come romanzi, lo aveva reso famosissimo in tutto il mondo e le sue idee si diffondevano a macchia d'olio a livello divulgativo tra il popolo e i detentori del potere, pur tra perplessità e critiche di alcuni colleghi. È interessante notare come nella sua «ricetta» per trattare gli anarchici egli si mostri recisamente contrario a leggi speciali e pene esemplari, anche se naturalmente ciò non dipende da bontà d'animo o da posizioni progressiste sul trattamento dei delinquenti: infatti, se la maggior parte degli anarchici sono pazzi, per loro non ci vuole la morte o la galera, ma il manicomio. Questa sarebbe in assoluto la «misura più pratica... perché i martiri sono venerati; dei matti si ride — ed un uomo ridicolo non è mai pericoloso».

In seguito a quest'opera, la retorica antianarchica acquisisce una patina di scientificità e si formalizzano meglio una serie di accuse stereotipate e di luoghi comuni: afflizione da parte di malattie e tare ereditarie (in particolare l'epilessia), uso di un gergo segreto e di tatuaggi come segni di criminalità congenita, passione per la violenza e per il male, e molto altro ancora.

Forse, l'espressione più particolare di questo immaginario e clima intellettuale la troviamo ne I misteri dell'anarchia svelati al popolo di R. Argo (pseudonimo di Oreste Gorra), Edoardo Perino, Roma, 1894. Pubblicato lo stesso anno de Gli anarchici, il suo contenuto si mostra come un coacervo di fatti di cronaca e di fantasia, di personaggi inventati ma con nomi reali, di cliché dei peggiori romanzi d'appendice... in cui alla sistematica diffamazione degli anarchici allo scopo politico di dissuadere operai e classi subalterne ad aderire a tali idee pericolose si unisce un'operazione commerciale volta a intercettare il gusto del pubblico per le cose turpi e strane, sull'onda lunga del discretamente fortunato sottogenere letterario dei «misteri» inaugurato nel 1843 da Eugène Sue con I misteri di Parigi, se pure con toni e intenti ben diversi.

In Influenze borghesi sull'anarchismo, Luigi Fabbri commenta la fortuna di questa visione distorta dell'anarchismo:


Chi non ricorda i Misteri dell'anarchia di stupida memoria, editi dal poco scrupoloso Perino? Ebbene, dal 1890 in poi non v'è storia inverosimile che non sia stata affibbiata agli anarchici, sia in romanzi veri e propri, sia in libri sul partito anarchico di sorgente più che impura, sia in lunghi articoli di giornali seri ed altezzose riviste. Il desiderio di appagare il gusto del pubblico per le cose nuove e strane, portava romanzieri, giornalisti e pseudo studiosi a fare dei guazzabugli enormi, e spesso ad attribuire scientemente agli anarchici una forza maggiore della reale, un numero incommensurabilmente superiore, e mezzi che gli anarchici non hanno mai avuto la fortuna di avere. Se ciò poteva da un certo punto di vista lusingare i simpatizzanti più incoscienti, contribuiva però a dare una vernice di veridicità a tutte le idee stravaganti e i propositi truculenti attribuiti agli anarchici. I Misteri dell'anarchia finivano col divenire, nella mente di molti, storia reale. [...] Quante volte anche a me è accaduto d'essere avvicinato da qualcuno di questi "propagandati" dai giornali borghesi, che, conoscendomi come anarchico, mi confidava in tutta segretezza d'essere anarchico e mi domandava come si poteva fare per essere iscritto nella "setta", e se non avessi avuto difficoltà a presentarlo alla società degli anarchici. E quando io domandavo a costoro che cosa credevano essi che fossero gli anarchici: «Ma, rispondevano, quelli che vogliono ammazzare tutti i signori e tutti quelli che comandano, per spartire e per comandare tutti un po' per uno».
 

Di seguito proponiamo una selezione di illustrazioni ed estratti dalle due opere citate.

[Nota: cliccare sulle immagini per visualizzare le didascalie, che contengono commenti o ulteriori informazioni sul contesto o sui soggetti ritratti]


Fonti e approfondimenti:

G. F. Ania, B. Moloney, Analoghi vituperî: la bibliografia del romanzo dei misteri in Italia, Leo S. Olschki, Firenze, 2004

R. Argo, I misteri dell'anarchia svelati al popolo, Edoardo Perino, Roma, 1894

C. Lombroso, Gli anarchici, Fratelli Bocca, Torino, 1894

S. Montaldo, P. Tappero, Cesare Lombroso cento anni dopo, UTET, Milano, 2009

 

  • Copertina del famigerato libro di Cesare Lombroso 'Gli anarchici', nella seconda edizione del 1895. Campeggia al di sotto del titolo un ritratto di Sante Caserio (1873-1894), salito agli onori delle cronache per aver giustiziato il presidente della repubblica francese Sadi Carnot. Tra i motivi del gesto, la vendetta per la repressione dei dissidenti e la messa a morte degli anarchici Ravachol, Auguste Vaillant ed Émile Henry.

  • François Koenigstein, detto Ravachol (1859-1892), anarchico illegalista francese e propugnatore della «propaganda col fatto». Nel 1892 viene arrestato e messo a morte. Viene preso da Lombroso come esempio perfetto della tipologia del «criminale-nato», da egli inventata, caratterizzata da abitudine al crimine, piacere del male, mancanza completa di senso etico, indifferenza per la vita umana.

  • Achille Vittorio Pini (1859–1903), illegalista e individualista. È autore di molteplici rapine, il cui ricavato veniva devoluto quasi per intero al movimento anarchico, mentre egli conduceva una vita modesta e frugale. Uomo dalla forza non comune, era ammirato per la sua ferrea coerenza anche da molti di coloro che non ne condividevano le pratiche, come Francesco Saverio Merlino. Arrestato nel 1889, viene deportato nella colonia penale della Guyana Francese, dove muove nel 1903 in seguito ad alcuni infruttuosi tentativi di fuga. Per Lombroso, il Pini è al pari di Ravachol l'esempio perfetto del «criminale-nato».

  • Charles Julius Guiteau (1841-1882), avvocato statunitense, attentò alla vita del presidente degli Stati Uniti James A. Garfield nel 1881, ferendolo mortalmente. Condannato alla pena capitale, il suo corpo venne consegnato in seguito all'esecuzione al National Museum of Health and Medicine di Washington. È inserito da Lombroso nella categoria dei delinquenti politici per passione, come Felice Orsini e Sante Caserio.

  • Lombroso analizza la grafia di Caserio, trovandone prova «inconfutabile» della sua afflizione epilettica. L'epilessia, secondo questa vulgata di fine Ottocento, era caratterizzata da impulsi irrefrenabili, repentini e feroci che sconvolgevano il soggetto (o meglio, il «criminale congenito») in determinate circostanze. Ha da dire Lombroso in merito alla presunta epilessia di Caserio: «egli, buonissimo colla famiglia e cogli amici, quando è toccato nell'argomento dell'anarchia diventa feroce, essendo il contrasto uno dei caratteri di questo morbo». Non riesce altrimenti a spiegare come Caserio manifestasse «spiccata sensibilità verso i dolori altrui» e «ripugnanza» verso i delitti, e allo stesso tempo si fosse reso autore di un crimine orribile quanto l'omicidio.

  • Tavola n.1 che correda il volumetto 'Gli Anarchici' di Lombroso. Estratta dalla sua monumentale opera 'L'uomo delinquente', raccoglie i rivoluzionari «cattivi», i regicidi, gli attentatori, «quei feroci pazzi criminali dell'89 in Francia», ovvero i delinquenti politici individuati come «pazzi» e «criminali nati», facilmente riconoscibili dall'aspetto in quanto mostrano il «tipo criminale completo» secondo la fisiognomica lombrosiana: in breve brutti, asimmetrici, gobbi, bestiali. Tra di essi, Louise Michel, Giovanni Passannante, Ravachol.

  • Tavola n.2 che correda il volumetto 'Gli Anarchici' di Lombroso. Anch'essa proveniente dalla precedente opera 'L'uomo delinquente', mostra i delinquenti politici «per passione», tra cui Lombroso inserisce i «veri rivoluzionari» di Francia (tra cui Charlotte Corday), la maggior parte dei nichilisti russi e anche alcuni anarchici, uomini e donne contraddistinti da profonda onestà e altruismo, i cui eventuali accessi violenti e crimini sono spiegabili in quanto affetti da epilessia. Sono contraddistinti pure, secondo Lombroso, da una bellezza superiore al normale. Troviamo tra loro Michail Bakunin, Felice Orsini, Sante Caserio.

  • Frontespizio de 'I misteri dell'Anarchia svelati al popolo', di R. Argo (Oreste Gorra), 1894. Romanzo d'appendice sull'onda lunga de 'I misteri di Parigi' di Sue, da una parte cerca di compiacere il gusto del pubblico popolare per le cose turpi e macabre, dall'altra cavalca l'onda dell'«allarme sociale» contro gli anarchici, vista la serie di attentati contro figure d'autorità che segnarono gli anni Novanta dell'Ottocento, e lo sgomento dei borghesi per i fatti della Comune di Parigi, ancora ben vivi nella memoria. Dato che l'illustrazione potrebbe trarre in inganno il lettore e fargli credere che si tratti di una storia di vampiri, lupi mannari o altri orrori della notte, sono esplicitati sopra ad alcuni pipistrelli i nomi di bestie altrettanto sanguinarie ma più subdolamente simili ai comuni mortali: gli anarchici Ravachol, Auguste Vaillant, Paolo Lega, Émile Henry, Caserio. Conclude la carrellata di nomi infausti un riferimento all'attentato dinamitardo al Gran Teatro del Liceo di Barcellona, del 1893.

  • «Il giuramento». Émile Henry, con la daga alzata, incita i compagni a ripetere il giuramento d'odio verso l'intera razza umana.

  • Henry e compagni ripetono il giuramento che, a quanto pare, ogni buon anarchico è chiamato a prestare al momento dell'ingresso nella «setta».

  • Louise Michel, dipinta come donna bellissima e provocante che fa uso delle proprie grazie per arruolare nuove giovani leve alla causa, caccia un pretendente sgradito.

  • Turpi passioni suscitate dalla 'femme fatale' (?) Louise Michel in un giovane anarchico.

  • Le supposte contraddizioni della sgangherata «famiglia anarchica».

  • «L'esecuzione della sentenza». Un anarchico viene giudicato colpevole dai compagni di delazione e tradimento e giustiziato in maniera pittoresca, rituale e «democratica»: una pugnalata ciascuno.

  • Esistono tuttavia anche dei «buoni anarchici», che amano la famiglia e la patria (!), ma finiscono sovente giustiziati dai propri compagni con l'accusa di tradimento.

  • Chaumartin si imbatte nella sua ex-amante (!) Louise Michel. Charles Chaumentin, detto Chaumartin (1857-...), era un operaio che militava nel gruppo anarchico di Saint-Denis. Fu da casa sua che l'11 marzo 1892 Ravachol si mosse per compiere l'attentato diretto contro il giudice Benoît. Arrestato poco dopo e processato insieme a Ravachol, venne infine assolto per aver confessato alla polizia tutti i fatti di cui era a conoscenza. Durissimo il giudizio degli anarchici suoi contemporanei su di lui, in particolare di Sébastien Faure, che lo definì, sulle pagine de «Le Libertarie» «il delatore, il traditore, colui che [...] ha comprato l'assoluzione al prezzo dell'atto più ignobile che un uomo possa compiere».

  • Anarchici impegnati in una tipica attività di autofinanziamento: profanazione nottetempo di tombe di aristocratici allo scopo di spogliare le salme dai gioielli.

  • L'arresto di Ravachol e i crimini a lui ascritti.

  • «Fra operai». La sentenza capitale contro Ravachol viene affissa nei luoghi di ritrovo degli operi a scopo dissuasivo.

  • Una folla borghese assiste al processo contro Sante Caserio.

  • Arringa del procuratore generale durante il processo contro Caserio: «Noi dobbiamo evitare che si ripetano le scene di Reims, ove fanciulle ventenni sparavano all'impazzata contro la pubblica forza, aizzate dagli anarchici e dai nikilisti. No! Gli anarchici non sono un partito politico. La loro è un'opera di distruzione e di morte».

  • La «difesa» di Sante Caserio al processo ripete - quasi - parola per parola la lezione lombrosiana su epilessia e criminalità congenita.

  • «L'assassinio». Fa la sua comparsa il «Biondino», scaltro ed enigmatico personaggio di fantasia (come del resto sono di fantasia le caratterizzazioni dei personaggi che portano il nome di persone realmente esistenti), assimilabile in qualche modo al «Biondo» della Trilogia del Dollaro di Sergio Leone, interpretato da Clint Eastwood.

  • Gli anarchici si riconoscono mediante segni particolari sulla pelle e comunicano tra loro tramite un gergo segreto: anche in questo caso ci sono riferimenti ai concetti chiave dell'opera di Lombroso, forse atti a incrementare il «realismo» della narrazione.

  • Un esempio dei duri metodi del Commissario Loisel, sorta di marcantonio che usa ogni mezzo nella caccia agli anarchici; un personaggio senza tempo, sorta di ispettore Callaghan della Belle Époque.

  • I metodi del Commissario Loisel gli consentono di piegare a sé la lealtà persino degli anarchici più intransigenti.

  • «Dopo la sentenza». Émile Henry viene tradotto al patibolo.

21/05/2021
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