1. Il romanzo 1984 di Orwell, che conteneva una visione del futuro completamente antilibertaria, apparso in un periodo in cui il movimento anarchico veniva generalmente considerato come un fenomeno storico.
Quasi contemporaneamente , nel 1951, Peter Heintz ha pubblicato uno studio, Anarchismus und Gogenwart, che proponeva un’interpretazione libertaria della società occidentale di quell'epoca, secondo la quale la società moderna si evolverebbe “modelli" anarchici.
Oggi, guardando indietro, possiamo domandarci se avesse ragione Orwell o Heintz, o entrambi.
Sotto molti aspetti, sembrerebbe lecito dire che ci siamo avviati verso il 1984 orwelliano. Basta considerare la repressione statale, la polizia e le forze speciali presenti ovunque, la militarizzazione crescente, il potere del capitale, le dittature e i regimi totalitari del terzo mondo; “l'ignoranza è forza", e perfino la passione sportiva è basata sull'odio.
Ma esistono anche motivi per essere d'accordo con Heintz.
Nel suo libro, egli distingueva tra anarchismo positivo e negativo. L’anarchismo negativo è la lotta contro l'autorità (e secondo Heintz l'anarchismo storico rientra in gran parte in questa categoria); quello positivo è lo sforzo di creare relazioni, cultura e strutture sociali senza autorità. E bisogna ammettere che, dagli anni '60, lo sforzo di realizzare forme di anarchismo positivo ha rigenerato lo spirito anarchico.
Forse possiamo prendere come punti di partenza (o di discussione?) le seguenti affermazioni:
1- Orwell e Heintz avevano, in parte, ragione entrambi.
2- Lo "spirito" anarchico è assai più ampio del “movimento".
3- Nel movimento storico era presente una visione generale e coerente della società anarchica, ma non c'era una visione altrettanto generale del futuro.
2. Anche se accettiamo il concetto di anarchismo “negativo" per descrivere la lotta anarchica contro l'autorità, rimane il fatto che gli anarchici si sono sempre aspettati molto dai risultati "positivi" di questa lotta. Essi pensavano che dalla lotta contro il capitalismo, contro il dominio coloniale, contro la dittatura politica, sarebbe scaturita la liberazione, in senso libertario. Ciò che è scaturito, invece, è stata una sorta di "emancipazione" autoritaria, con nuove forme di dominazione.
Ogni vittoria, ogni rivoluzione, è sfociata in una crisi profonda di tutto il movimento anarchico, con mille discussioni, e con aspre accuse verso gli autoritari che si erano impadroniti della rivoluzione e avevano avvelenato i frutti della vittoria. La rivoluzione russa e quella spagnola sono un chiaro esempio di ciò, e anche, se pure ad un livello minore, la rivoluzione cubana, algerina e quella culturale cinese.
L'amarezza anarchica è comprensibile. Le rivoluzioni sono sempre partite come liberazione, nel vero senso libertario del termine, con organizzazioni spontanee non gerarchiche (soviets, collettivizzazioni, autogestione) da parte dei lavoratori in quanto tali, creatività, ecc. Ma l'amarezza, e le accuse, non sostituiscono la riflessione e l'analisi.
3. Gli anarchici del diciannovesimo secolo condividevano con i marxisti e i socialisti di altre scuole uno stesso errore: l'idea che la borghesia del mondo occidentale (col suo sistema economico basato sulla proprietà privata del mezzi di produzione, sulla concorrenza e sul capitalismo liberista) rappresentasse l'ordine borghese al suo stadio ultimo e definitivo. Ogni cambiamento, ogni conflitto, pensavano, non poteva che sfociare nella lotta finale: il tramonto della borghesia, con una rivoluzione sociale che dava origine alla società del lavoratori, al socialismo.
Non avevano previsto che altre forme di società borghese potessero sorgere, come in effetti accadde. La società borghese, invece di sparire, si è modificata (nelle società occidentali) e dopo le rivoluzioni sono comparse nuove forme di dominio borghese (la "nuova classe" nei paesi cosi detti comunisti e nel terzo mondo). Come risultato dei conflitti sociali dei lavoratori, degli anarchici, del socialisti e del sindacalisti, la società borghese non è scomparsa dalla faccia della terra; al contrario, la borghesia ha usato lo stato per dar vita ad un processo assai redditizio, assorbendo la classe lavoratrice nel sistema borghese esistente. La classe operaia (con la sua connotazione sociale un tempo autonoma, la sua mentalità specifica e il suo proprio sistema etico) è andata in decadenza, mentre la borghesia è semplicemente cambiata.
Logicamente, nel terzo mondo e nelle società "comuniste" molte cose sono diverse, ciononostante l'"emancipazione autoritaria", realizzata attraverso lo stato nazionale, in un processo di révolution par l'état (L. Mercier), sembra essere un modello universale.
4. Sia la composizione che la posizione sociale del movimento anarchico sono molto cambiate. Gli anarchici continuano a rifiutare l'ordine esistente e la sua struttura autoritaria. Me non combattono più i pescecani capitalisti dall'esterno; sono "dentro la balena" (per usare il titolo di un saggio di Orwell). Oggi, uno dei nostri problemi è come combattere il sistema mentre ne facciano parte.
L’idea di una rivoluzione "completa", che distrugga l’ordine esistente, non è più realistica per gli anarchici “dentro la balena", e ha perso il suo fascino, anche. Moltissimi anarchici d’oggi si domandano come si possano trasformare le strutture autoritarie esistenti in relazioni anarchiche. Cioè: come si possa realizzare l’anarchismo positivo.
Nella storia dell’anarchismo si possono distinguere due tendenze. La tradizione bakuniniana e del sindacalismo rivoluzionario ha prestato particolare attenzione al lavoratori (i produttori) come forza rivoluzionaria; l’organizzazione economica del lavoratori e la lotta di classe erano le idee fondamentali di questa tendenza. Nel processo di sistemazione della classe lavoratrice, attraverso le leggi, i regolamenti e la mediazione statale, il sindacalismo rivoluzionario è andato in crisi, non potendo fronteggiare i problemi emergenti, ed è quasi scomparso (basti guardare alla decadenza del IWMA (AIT) di Berlino, alle scissioni in seno alla CNT, l’evoluzione della SAC verso posizioni relativamente moderate). Heintz (e con lui moltissimi altri anarchici) giunge a considerare la lotta di classe come un’idea estranea all’anarchismo.
L’altra tendenza sembra fornirci oggi maggiori prospettive. Essa si è interessata al popolo nella sua interezza (più che al concetto di classe) e all’uomo in quanto consumatore. Moltissime lotte sociali attuali, e specialmente lotte antiautoritarie, si avviano con obiettivi concreti nel campo del consumo: squatters, Krakers, ecologisti, ecc. Tutti sono nati all’interno del sistema. A volte, come a Zurigo ad esempio, c’è un incredibile divario tra la modestia (da un punto di vista rivoluzionario) delle richieste e l’asprezza degli scontri (non solo con la polizia, ma nelle “discussioni", sulla stampa, ecc.).
Anche il rapporto tra anarchismo positivo e negativo sembra essere cambiato. Non solo nella nostra società, ma anche nel terzo mondo e nelle nazioni comuniste. Si verificano molti scontri con lo stato e le forze dell’ordine, ma non perché l’autorità statale viene direttamente attaccata da rivoluzionari violenti antiautoritari, piuttosto perché è lo stato che attacca gli sforzi pacifici di creare alternative e strutture antiautoritarie, cioè gli sforzi di costruite l’anarchismo positivo.