A partire dal 1973 collaborò attivamente con il Dioniso il Gruppo Comunista-Anarchico Portonaccio, composto di un numero di militanti certamente superiore a quello del Dioniso e che fornì un contributo attivo alle iniziative intraprese dal Dioniso. Nel tempo questo gruppo si stabilizzò su posizioni più marcatamente comuniste e continuò ad operare nel quartiere di Portonaccio per parecchi anni successivi alla cessazione delle attività del Dioniso. In parte esiste ancora, con altre denominazioni. La presenza di questo gruppo è certamente rilevabile nel linguaggio dei documenti seguenti che, confrontato con quello precedente, schiettamente libertario, rivela l’influenza di ambito marxista. Va però ascritto a questi compagni il merito di aver creduto e sostenuto le iniziative del Dioniso in un momento in cui gli ambiti più accreditati dell’anarchismo italiano guardavano con sufficienza a queste proposte.
Documento n.3. Esperienza dell’uso libero. Fascicolo ciclostilato. Novembre 1973
Da “Notiziario”-Portonaccio, Dioniso Tiburtino- novembre 1973
Cos’è l’uso libero?
L’uso libero è un aspetto pratico della coscienza e abitudine comunitaria. Noi mettiamo a disposizione degli oggetti prodotti dal laboratorio in uso libero: cioè gli abitanti del quartiere possono prenderli, se ne hanno bisogno (o per pochi giorni o per sempre). Perché tutto questo? Perché vogliamo contribuire a creare la coscienza che i prodotti del lavoro appartengono alla comunità. Inoltre perché, come dicevamo, con questa azione vogliamo cominciare a costruire sin d’ora rapporti sociali per gettare le basi di una futura società più libera, più giusta e quindi più felice in cui sia abolito lo sfruttamento, vi sia l’uso comune dei beni e, di conseguenza, sia abolita la moneta, che è lo strumento che permette ai ricchi di essere tali, accumulando la ricchezza sul lavoro degli altri.
CONSIDERAZIONI SULL’ESPERIENZA DI USO LIBERO
Nel primo mese di esperimenti (giugno-luglio 1972) su 400 persone, avvisate con un volantino, 30 hanno usufruito dell’uso libero. Circa il 10%.
Aprile 1973
Dato che l’esperimento è tuttora in atto e nuovi compagni si sono aggiunti –ogni nuovo compagno apporta prima o poi nuove idee e nuovi sviluppi- è difficile fare dei bilanci, tirare delle conclusioni, indicare con certezza matematica le possibilità di ampliamento o regressione.
Di certo possiamo ora affermare che:
- non si è verificato un fatto che era nelle previsioni di alcune persone che hanno collaborato alle fasi iniziali di allestimento del laboratorio comune e ai primi dibattiti interni al gruppo sull’uso libero: non c’è stata la corsa ad arraffare tutto.
Alcune di queste persone dicevano addirittura che la gente sarebbe venuta con carrettino a prendere bottiglie, manifesti, disegni e quanto altro avessimo esposto in vetrina e l’esperimento sarebbe durato due o tre giorni. Invece c’è stata una disciplinata, quasi timida partecipazione e dall’inizio dell’esperimento sono passati sedici mesi. Di più: dopo circa due mesi dall’inizio dell’esperimento, alcuni abitanti che avevano usufruito dell’uso libero portarono spontaneamente oggetti che rimettemmo in circolo.
Se l’arraffamento non è avvenuto possiamo identificare tre cause:
- per un lungo periodo di tempo (otto mesi) dall’arrivo in quartiere sino al primo giorno di uso libero, gli abitanti hanno visto quotidianamente lavorare i compagni. Lavorare nel significato più semplice della parola. Eravamo, e siamo ancora, artigiani nel quartiere, come c’è a poca distanza, il fabbro, l’elettrotecnico, il fotografo, o il falegname. Chi conosce i proletari sa che essi hanno un istintivo rispetto per il lavoro e la fatica umana, poiché essi la conoscono di persona, la vivono quotidianamente sulla loro pelle. E pertanto hanno avuto un istintivo proletario rispetto del lavoro dei compagni e quindi dei prodotti di questo lavoro. Così non c’è stata la corsa all’accaparramento.
- Il grado di coscienza e di autocontrollo dei proletari del Tiburtino e limitrofi al laboratorio è ben superiore a quanto si potesse presumere, e forse si può considerare già sufficientemente maturo per praticare l’uso libero su scala più ampia. L’ideologia borghese non è ancora così totale, non ha ancora stravinto.
- Un recondito senso di colpa
Non è da escludere che l’arraffamento dei prodotti sia stato impedito anche da un fattore- che consideriamo negativo- e cioè il recondito senso di colpa che noi tutti proviamo quando si “prende” un oggetto senza pagare.
Ricordiamo certe esitazioni di alcune madri di famiglia che erano in tal senso significative.
“Ma possiamo proprio prendere?” “Sì” “E non dobbiamo proprio pagare?” “No” “Devo dare subito un altro oggetto?” “No, se in futuro sentirà di farlo, potrà dare per l’uso libero quello che vuole” “Ma dovrà essere dello stesso valore?” “No. Non ci basiamo sul valore degli oggetti ma sulla necessità di usarli” “E quanto tempo posso tenere questo oggetto?” “Pochi giorni o finché ne avrà bisogno, quindi anche per sempre” “Magnifico! Fosse così in tutti i negozi”.
Chi volesse tentare l’esperimento in altri luoghi, tenga accuratamente presente la progressione da noi attuata e sappia interpretarla ed adattarla alla realtà in cui si trova. Di certo la non progressione, ovvero l’improvvisa apertura di un negozio ad uso libero, potrebbe causare reazioni non controllabili in minoranze interessate ad intralciare il lavoro sociale degli anarchici e rivelarsi sostanzialmente controproducente.
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Su quali principi si basano questi negozi ad uso libero?
Chi ha oggetti o capi di vestiario o mobili in eccedenza alle sue necessità, li consegna al negozio che provvede a ripulirli o decorarli e vi applica un cartellino con la scritta “Lire 0”. Chi ha bisogno di quegli oggetti o beni li prende e li usa finché gli servono.
A chi appartengono questi oggetti in uso libero? A tutti e a nessuno: sono in uso libero.
Hanno un valore di scambio? Assolutamente no.
I capitalisti aumentano i prezzi ed i profitti? E noi ci organizziamo il nostro mercato di uso libero.
Chiedete tutte le informazioni ai collaboratori del LABORATORIO COMUNE DIONISO – Via E. Arbib 26/28 Roma
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Già da più di un anno viene condotto, per iniziativa del laboratorio comune, una pratica detta di uso libero.
Il significato della produzione e scambio ad uso libero è basato su profondi valori ideologici e pratici. Questo processo produttivo-comunistico in cui entrano materie prime (bottiglie, mobili, colori, legno ecc.)e il lavoro dei compagni e dei ragazzi del quartiere, dimostra in pratica come funzioni e come sia possibile organizzare l’economia in una società comunista.
Tutti lavorano secondo le proprie capacità e consumano secondo i propri bisogni.
L’esperimento condotto al Dioniso è riuscito nella misura in cui gli oggetti non erano presi se non erano utili a chi li prendeva, ed erano considerati per il loro valore d’uso e non come merci da accumulare o da scambiare.
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Il valore politico dell’uso libero è perciò il seguente: esso ci dimostra la strada su cui camminerà l’umanità una volta eliminati i padroni, il capitalismo, ma ci dice anche che soltanto se tutte le materie prime, tutte le industrie, tutte le fattorie, tutti i trasporti, in tutto il mondo saranno autogestiti dai lavoratori potremo parlare di uso libero in libera produzione.
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Solo, quindi, ripetiamo, un mondo tutto socialista può eliminare il mercato e lo sfruttamento: insomma o il socialismo è internazionale oppure non è socialismo ma un capitalismo più mascherato e potente.