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La politica fu in primo luogo l’arte di impedire alla gente di immischiarsi in ciò che la riguarda - Paul Valery

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Papi Andrea - Anarchismo e rivoluzione

Ha ancora senso riconoscersi in una strategia rivoluzionarla e lottare per la sua realizzazione?
La risposta non può che essere affermativa a patto che il concetto di rivoluzione venga emancipato dal momento insurrezionale, a cui viene quasi sempre abbinato nell’immaginario dei compagni.
La rivoluzione determina un cambiamento radicale, irreversibile e profondo delle strutture sociali, economiche e politiche.
Poco importa se la rivoluzione possa essere più o meno violenta, più o meno rapida: la sua peculiarità consiste nei cambiamenti qualitativi e irreversibili che essa produce. L'insurrezione è invece tanto violenta quanto rapida nell'estinguersi.
Alla luce dell’esperienza storica si può affermare che la rivoluzione non è necessariamente dipendente dall'insurrezione.
Per di più l'insurrezione non è più proponibile per due motivi:
1) Il grande divario tecnologico tra la strumentazione bellica in dotazione agli stati e quella eventualmente in mano agli insorti.
2) Anche nel caso di un'insurrezione vittoriosa non ci sarebbero possibilità per una rivoluzione libertaria perché nell'insurrezione si sviluppano meccanismi psicologici di gregarismo e di eterodirezione.
Inoltre la logica dello scontro frontale ci porta a una situazione paralizzante è che di fatto dà legittimità all'avversario: lo stato.
Non bisogna più legittimare l'azione repressiva dello stato, non dobbiamo più porci in una logica dì contrapposizione frontale e antitetica. La nostra azione non deve più essere indirizzata all'abbattimento dello stato, ma a quello di non voler più essere dominati. Non l'abbattimento, quindi, ma il superamento del dominio. Non tesi a distruggere, ma a costruire una mentalità e una pratica nuova, per rendere obsolete le idee, e le necessità, di stato, il bisogno di capi. Finché non sì diffonde una nuova mentalità ì capi anche se abbattuti risorgeranno in altra forma.
Dobbiamo quindi muoverci in una direzione che tenda a togliere legittimità al potere, per poter costruire le basi culturali e psicologiche che ci permettano di eliminare le strutture su cui si fonda il dominio. Togliere legittimità significa agire e spingere ad agire come se i poteri costituiti non esistessero, al di fuori e, tendenzialmente, al dì là di essi.
Finché ci sarà possibile dovremo agire in una dimensione che ignori le strutture del dominio programmando e costruendo cose reali che con la loro presenza testimonino la possibilità di agire al di fuori di esse. Solo in questo modo potremo uscire dal ghetto ideologico e organizzativo nel quale, purtroppo, ci ritroviamo e sarà molto più semplice utilizzare i principi fondamentali dell'anarchismo come utile strumento dì apertura verso la società.
 
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Il Centro Studi Libertari nasce nel 1976 con la duplice finalità della costruzione di un archivio per la conservazione della memoria dell'anarchismo e del ripensare l'anarchismo alla luce del contesto sociale in cui opera al fine di renderlo un punto di riferimento alternativo alla cultura dominante.

Il CSL aderisce alla rete nazionale RebAl, e al coordinamento internazionale FICEDL.

 

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