Tino, Agostino Maso (1951-2019), faceva parte di quella comunità nata all’inizio degli anni Settanta che aveva trasformato Dolo, un piccolo paese della Riviera del Brenta, nota fino allora per le lussuose ville veneziane, in una enclave libertaria. Ridendo, noi “militanti severi” del Nestor Mackhno di Marghera li chiamavamo fricchettoni. Quei “fricchettoni” sono dopo più di quarant’anni il nucleo dell’Ateneo degli Imperfetti. La storia di Tino si mescola inestricabilmente con la storia di questo Dolo. Di una esperienza sfociata nell’Anarchismo, fatta di amicizie, legami di paese, mutualismo, solidarietà, in cui il senso di rivolta, lascito del ‘68, aveva preso una connotazione politica decisamente ibertaria. Tino aveva cominciato a lavorare seguendo il fratello maggiore in Iraq ad appena 16 anni. Rivestimenti termici industriali. Veloce nell’apprendere era diventato un operaio specializzato, conquistandosi anche la fiducia e la stima degli operai e dei dirigenti dell’azienda dove lavorava. Ma Tino non era un operaio qualsiasi. Era un ribelle. Con le idee libertarie aveva maturato la convinzione che il lavoro dovesse essere libero da padroni, autonomo e collettivo. Per oltre quaranta anni ha seguito questa regola lavorando insieme a molti compagni e condividendo le sue competenze anche quando era l’unico ad averle. E la regola era dividere sempre in parti uguali il ricavato.
Nel 1984, in previsione del convegno, come al solito, avevamo stabilito i compagni che si potevano ospitare, a Tino capitarono “i cinesi”. Erano i compagni di Hong Kong, e rimasero a Dolo, nella piccola casa sua e di Annalisa, invitando parenti e compagni a raggiungerli da Hong Kong per quasi un anno, o forse più…
C’è di quei momenti una foto, Tino con un carretto pieno di stoviglie che sta per raggiungere il tendone-cucina.