Nonostante tutta l’attenzione di recente tributata a 1984 di Orwell, nella realtà noi non viviamo in un mondo "orwelliano", nè ci stiamo avviando, oggi, verso di esso. L’ordine sociale non è mantenuto per mezzo di sistemi autoritari simbolizzati dal Grande Fratello e dal Partito. La moda di 1984 non è il frutto di una capacità di chiarire la natura della società contemporanea, bensì piuttosto è dovuta alla particolare attitudine di questo libro ad essere sfruttato a livello di media, in questo anno magico.
Eppure l'apparentemente ironica cooptazione di un testo antiautoritario per le finalità della struttura di potere è del tutto appropriata, stante quella che è la natura della dominazione, oggi. Infatti non è il Grande Fratello a comandare, ma il nostro.
La Merce, che certamente non ha nulla da temere da qualche nuova aggiunta alla lista dei best sellers.
Oggi il potere non è brutale, è seducente. Scorre su tutto per mezzo della creazione culturale, la produzione di un’immagine di Merce che invade e colonizza l’essere, lasciandosi dietro una personalità indifesa, occupata. Nella società tardo-capitalista i due settori reciprocamente interdipendenti della produzione e del consumo sono, logicamente, entrambi strutturalmente fondamentali. Però nell’ambito, sempre più importante, della sfera ideologica (che è parte della sfera inevitabilmente cruciale dell'autodeterminazione simbolica) i valori consumistici hanno ormai un'influenza crescente, e sono diventati il punto focale del controllo sociale.
L’Oceania di Orwell era un mondo di repressione, indigenza e irreggimentazione; la Società capitalista avanzata, invece, è basata sulla desublimazione repressiva, sul consumo delle Merci, e sul controllo dell'immaginazione sociale. Mentre in Oceania il pensiero e il linguaggio erano semplificati, la società della Merce si fonda su di una mistificante complessità e sottigliezza di pensiero (esistono comunque notevoli eccezioni, il pensiero critico e analitico, ad esempio).
Quando tutto diventa Merce (compreso l'io, come complesso di immagini di Merce) la storie si ferma. Il tempo clinico succede al tempo storico, con l'eterno ricorrere di cicliche immagini di Merce. Il consumo diviene un aspetto di ciò che Orwell chiama "potere puro", il "potere sulla mente", poiché l'immaginazione consumistica ricerca una fuga illusoria dalla limitatezza della quotidianità e dalla trascendenza della natura.
Pur essendo vero che il consumismo erode tutta la realtà ("tutto ciò che è solido si scioglie in aria"), tuttavia resta qualche motivo di speranza, in questo mondo cosi "incorporeo". Le vecchie strutture della dominazione sono state erose nell'universale processo storico di disintegrazione culturale (altrimenti detto "civilizzazione"). Da una parte c'è il nichilismo, la manifestazione ultima del potere nudo, senza veli. Dall'altra c'è la possibilità che l'immaginazione, liberata dalle sue catene tradizionali, possa essere integrata dalla ragione teorica e pratica. In tal caso, essa potrà funzionare non per riprodurre il ciclo del potere, ma per trascenderlo attraverso la creazione sociale utopica.