Conviene innanzitutto delineare un ritratto succinto ma relativamente completo di George Orwell al fine di determinare i fattori che l'hanno portato a scrivere 1984.
Quattro sono gli avvenimenti da ricordare:
- l'inchiesta presso i disoccupati nel nord dell'Inghilterra nel 1936, che gli ha fatto toccare con mano la realtà operala;
- il 1937, con la Guerra di Spagna e la scoperta di come il totalitarismo "riserva" la storia: i fatti del maggio ‘37 "rivisti e corretti" dal partito comunista;
- il patto tedesco-sovietico dell'agosto del ‘39 (l’alleanza impossibile);
- la conferenza di Teheran del novembre del '43 seguita da quella di Yalta del febbraio '45 come consacrazione della spartizione del mondo.
La storia di Orwell mostra un uomo dal carattere ben temprato, sorprendentemente poco teorico ma animato dall'amore per la giustizia, la libertà e l'uguaglianza sociale, quindi portato ad avvicinarsi sempre più agli anarchici, pur mantenendo sempre caretteristiche molto "british", definendosi egli stesso un "anarchico tory".
Lo studio propriamente detto di 1984 svilupperà tre punti:
- l'uso della verità e la riscrittura del passato;
- il condizionamento dell'individuo mediante l'applicazione della neolingua e del bispensiero;
- l'onnipotenza e l'onnipresenza del "partito", che rende impossibile la vita privata e il pensiero autonomo, unico fattore suscettibile di mettete in discussione l’"ordine stabilito".
I primi esempi che vengono in mente sono quelli dell'Unione Sovietica e più ancora della Cina ma, sviluppando particolarmente questo punto, si dimostrerà che non bisogna trascurare il totalitarismo "soft" americano, con l'esempio del maccartismo.
La conclusione dovrebbe sviluppare, ma soltanto brevemente, per iniziare il dibattito, l'attualità di un'alternativa anarchica, chiedendosi se, per il momento, non sia "il Migliore dei Modi" piuttosto che il "1984", ad attenderci.