[dal Bollettino 44, con una selezione ampliata di immagini]
Santi e martiri anarchici: la ritrattistica in “Cronaca sovversiva” (1903-1920)
di Andrew Hoyt
In questa ricerca analizzo il periodico anarchico in lingua italiana “Cronaca sovversiva” (1903-1920) che circolò attraverso tutto il mondo atlantico e che giocò un ruolo fondamentale nella costruzione di un movimento sociale transnazionale all’interno della diffusa diaspora dei lavoratori italiani emigrati. Un esame di questo giornale rivela le tattiche di propaganda utilizzate dal principale creatore del giornale, Luigi Galleani e le scelte artistiche del suo principale tipografo, Carlo Abate. Nella mia indagine analizzo come le stampe di Abate, in particolare la sua ritrattistica, venissero usate per creare un’agiografia rivoluzionaria transnazionale sulle pagine di “Cronaca sovversiva”.
L’opera di Abate fornisce quindi un notevole esempio di come la circolazione transnazionale della cultura stampata anarchica contribuì contemporaneamente alla formazione di un’identità rivoluzionaria legata alla diaspora e alla creazione di dibattiti interoceanici (tra le due sponde dell’oceano) sul ruolo dell’artista in un’epoca di riproduzione meccanica.
Il contenuto di “Cronaca sovversiva” informava non solo le comunità che seguivano la sua pubblicazione, ma l’intero pubblico dei lavoratori migranti ai quali esso era destinato. Gli scopi utilitaristici, il contenuto ideologico, la distribuzione tattica politica e la ricerca iconografia visiva di questa cultura stampata dovrebbero essere integrati nella nostra comprensione dell’esperienza dell’immigrazione italiana.
Galleani contribuì a formare questo immaginario controcorrente portando costantemente l’attenzione dei suoi lettori su storie di individui che avevano dato in qualche modo un grande contributo alla causa dell’anarchismo con le proprie menti, le proprie azioni e la propria vita. Uno dei modi più efficaci per Galleani per creare una cultura transnazionale dell’insurrezione era attraverso l’uso di immagini e furono proprio queste le immagini che Abate si trovò a creare.
Grazie a questa propaganda, i migranti emarginati riuscirono ad avere accesso a un’identità transnazionale radicale che li aiutò a interpretare le loro condizioni di vita e di lavoro e al contempo li incoraggiò a sperimentare modi pragmatici e concreti per godersi l’esistenza, nonostante il disagio della propria condizione di immigrazione e dislocazione.
I giornali radicali erano il principale collegamento tra i nodi diffusi della rete anarchica, svolgendo molteplici funzioni all’interno delle loro comunità: agevolare lo scambio di risorse, la circolazione delle persone, la creazione di identità, lo scambio di denaro, la diffusione di tattiche e la mobilitazione di azioni collettive intorno a diverse questioni.
Un’attenta osservazione del periodico evidenzia gli argomenti che i collaboratori reputano importanti e rivela alcune scelte tattiche orientate verso la creazione di un immaginario fatto sia di eventi storici che attuali in grado di costruire un’identità transnazionale. La “Cronaca” di solito conteneva quattro pagine di grandi dimensioni; la prima pagina generalmente era indirizzata sia a commemorazioni che a eventi in corso. L’ultima pagina era piena di informazioni finanziarie e di note scritte da gruppi anarchici sparsi in tutti gli Stati Uniti. Al centro due pagine contenevano un mix di articoli di Galleani e altre sezioni, tra cui storie a puntate di anarchici e della poesia occasionale.
Oltre a creare diverse testate diverse per la “Cronaca Sovversiva”, Abate forniva le immagini per accompagnare gli articoli. Questo avveniva in particolar modo quando gli argomenti erano legati agli eventi storici.
In realtà, l’importanza di immagini quali quelle dei martiri di Haymarket o quelle della Comune di Parigi dimostra come Galleani usasse realmente i contributi di Abate al giornale. Per esempio, la testata del 1907 è costituita da un’immagine xilografica raffigurante cinque ritratti dei martiri di Haymarket. La rappresentazione visiva di questi personaggi ed eventi storici fornisce ai lettori dei punti di riferimento importanti per la formazione di una coscienza storica anarchica, più o meno allo stesso modo in cui le storie nazionali contribuiscono alla definizione di comunità nazionali immaginate. Esaminare questo materiale può quindi esserci utile per capire come la circolazione transnazionale di una tradizione radicale possa dar forma a delle nuove identità migranti.
L’arte di Abate dimostra la consapevolezza del modo in cui gli anarchici vennero perseguitati e contribuisce alla circolazione di immagini che costituiscano la spina dorsale dell’immaginario anarchico. E lo fa raffigurando non solo eventi storici ma anche quelli ad essi contemporanei.
Per esempio diede volto a coloro che furono assassinati dallo Stato spagnolo in seguito alla Settimana Tragica del 1909, tra cui José Miguel Baro, Eugenio Del Hovo e García Clement, nonché all’uomo che tentò di assassinare Alfonso XIII nel 1906, Mateo Morral.
Questo è un altro esempio dell’uso dell’arte di Abate, in grado di formare una sorta di “martirologio” e un’agiografia visiva degli anarchici militanti. Questi uomini, meno conosciuti dei personaggi più famosi come Bakunin o Kropotkin, dimostravano quello spirito di sacrificio e di rivalsa idealizzato da Galleani, mentre le rappresentazioni grafiche di Abate ne trasformavano i nomi in volti per i lettori.
Nei suoi ritratti, Abate trova modi diversi per dimostrare la sua mano, sempre preferendo esprimere le emozioni e il travaglio degli umani, piuttosto che privilegiare la similitudine fotografica o la rigorosa veridicità visiva. Immagini come Reinsdorf dimostrano la cifra espressiva di Abate, che utilizzando la tecnica dell’incisione sottolinea i dettagli delle ombreggiature sul cappotto, nei capelli e punteggia altrettanto bene le sagome arrotondate. Tutti questi ritratti mostrano come Abate componesse le sue stampe con l’intento di esprimere una rappresentazione idealizzata del suo soggetto in grado di provocare una risposta emotiva nei suoi lettori/spettatori. Queste immagini erano facilmente comprensibili e accessibili e potevano essere ritagliate e salvate come ricordi o icone anarchiche; non funzionavano molto diversamente dai santini cattolici, a dimostrazione del fatto che persone reali erano in grado di compiere ciò che Galleani definiva atti di altruismo realizzati grazie alla “propaganda del fatto” e meritare di conseguenza di essere ricordati dalla comunità.
Queste immagini mostrano la capacità di Abate di approcciarsi alla ritrattistica, anche su scala di produzione per la massa, necessaria per il periodico di Galleani, con una gamma di tecniche e codici misti che mantenessero però una sorta di consistenza in grado di ritrovare un linguaggio comune identificativo e che ogni lavoro apparisse facilmente e naturalmente disegnato da niente altro che una mano umana.
Scene riguardanti i grandi eventi storici come la Comune di Parigi o il processo che precedette l’esecuzione di Francisco Ferrer in Spagna mostrano come Abate sappia di dover competere con i processi fotomeccanici, dal momento che le incisioni xilografiche e i mezzi toni avrebbero dovuto fornire lo stesso servizio alla cultura di massa dei supporti fotografici stampati. Tuttavia, Abate rimase coerente alla propria concezione estetica e la sua rappresentazione visiva di scene d’azione e di momenti narrativi ha continuato a coltivare e manifestare i suoi valori artistici e politici di lunga data. Usando l’arte di Abate, Galleani incrementa il significato dell’evento nell’articolo corrispondente connettendolo a un altro livello e aiutando i lettori a immedesimarsi con le vittime e a distinguere gli eventi più significativi dai resoconti quotidiani sugli scioperi e le repressioni, che riempivano comunemente le pagine del giornale.
Le sensazioni che suscitano le immagini abbozzate di Abate devono essere intese come intenzionali. Dopotutto, le linee nere che decide di non eliminare sarebbero facili da correggere, ma la sua scelta è appunto quella di lasciare tali sbavature intorno ai bordi: l’intenzionale assenza di un tratto nitido, la presenza di difetti, l’elaborazione apparentemente sciatta dello strumento grafico servono ad Abate per affermare la sua umanità, esaltandone la fallibilità manuale che la fotografia invece è così orgogliosa di eliminare nelle immagini quali la ritrattistica. In questo modo egli esprime la sua identificazione solidale con mastri e artigiani, con quegli artisti lavoratori contrari alle macchine e ai loro virtuosismi, contrari alla schiavitù di quegli spettacoli di mimetismo che stavano diventando sempre più centrali nella scuola americana di incisione su legno.
Carlo Abate e Luigi Galleani furono in grado di generare un’identità transnazionale radicale pur vivendo in un mondo di comunità altamente mobili e destabilizzate. Riuscirono a farlo attraverso la produzione e la diffusione di una cultura stampata che dava attenzione ai racconti storici, valorizzava certi modi di resistenza, e sapeva creare immaginario agiografico e martirologio alternativo, incoraggiando un calendario rivoluzionario di commemorazione.
Esaminare questo materiale ci permette di dare una sbirciata alle fondamenta immaginative, uno sguardo alle storie, agli eroi e alla nemesi che formarono la coscienza storica di quel periodo fornendo loro un lessico culturale rivoluzionario.
Durante la loro lunga collaborazione, Abate e Galleani contribuirono entrambi a creare uno dei giornali visivamente e politicamente più vivaci e più radicali della sinistra italiana. La cultura stampata che ci hanno lasciato è una sorta di palinsesto fatto di strati di significati nascosti che si ritrovano nella sua concezione, fabbricazione, presentazione e fruizione.
Costruire un senso contestuale e temporale della cultura stampata alla Galleani consente una lettura più ricca di sfumature, ritrovando in essa sia le tattiche della propaganda galleanista sia la retorica sintattica visiva di Abate, mostrando come questi istinti e valori radicali convergano rafforzandosi reciprocamente.
Abate, come Galleani, è rimasto coerente con le sue radici nel mondo transatlantico radicale di fine Ottocento-inizio Novecento. La sua arte, così come la composizione editoriale di Galleani della rivista, rivelano le loro particolari personalità e ideologie. Come le popolazioni immigrate, e in particolare gli immigrati della classe operaia tra i quali hanno vissuto e per cui hanno scritto e pubblicato, Galleani e Abate rappresentano un capitolo sull’emarginazione sociale in gran parte oscuro alla storia ufficiale. Tuttavia, la cultura stampata che hanno prodotto non solo ha sostenuto il loro movimento e la comunità con cui interagiva, ma perdura e arriva a sussurrarci idee e messaggi ancora un secolo dopo. È nelle implicazioni e nei significati delle loro vite di lavoro che siamo in grado di trovare un accenno sul chi fossero veramente e sul come interagirono con il mondo circostante.
traduzione di Gaia Raimondi