Milano 1945. Il mistero dei cliché trafugati
di Mauro De Agostini
Questo potrebbe essere il titolo di questa vicenda, in cui fatti storici e ricostruzioni romanzesche si mescolano in maniera (per ora) inestricabile.
Partiamo dai fatti accertati (con l'aiuto del compagno spagnolo Chowy).
Durante la guerra civile spagnola i franchisti presero contatto con alcune aziende estere per stampare banconote che non erano in grado di emettere direttamente. Falliti i contatti con la ditta inglese che stampava cartamoneta per la repubblica si rivolsero alla Germania e all'Italia. Vennero quindi stipulati dei contratti con la Giesecke & Devrient di Lipsia e con la Coen & Cartevalori di Milano[1].
Dopo l'emanazione delle leggi razziali la famiglia Coen fu costretta a lasciare la proprietà della ditta (che assunse il nome di Calcografia & Cartevalori) e in seguito si rifugiò in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni[2].
Secondo Teresa Tortella Casares la Calcografia & Cartevalori produsse una prima serie datata 19 luglio 1937 che tuttavia “per una serie di problemi” non entrò mai in circolazione, mentre una seconda serie venne presentata al Banco de España nel 1940 (quindi a guerra civile conclusa e guerra mondiale iniziata) e venne effettivamente emessa. A partire dal giugno 1941 le banconote vennero stampate esclusivamente in Spagna[3].
Nei cataloghi numismatici però si trova traccia anche di altre emissioni: come quella da 2 pesetas (30 aprile 1938)[4].
Nel dopoguerra il militante anarchico spagnolo Laureano Cerrada Santos si dedicò alla produzione di cartamoneta falsa (vicenda che sollevò non poche polemiche in seno alla CNT) utilizzando dei clichés ottenuti, secondo le sue dichiarazioni, a Milano da partigiani anarchici, e quando fu successivamente arrestato in Francia venne effettivamente trovato in possesso di clichés per la stampa di biglietti da 25 (emissione del 9 gennaio 1940) e 500 pesetas (emissione del 21 ottobre 1940)[5].
Fin qui i fatti accertati. Veniamo alle ricostruzioni più o meno romanzate. Nel libro ¡Pistoleros! Stuart Christie scrive:
“Alla fine di aprile o all'inizio di maggio 1945, poco dopo l'esecuzione sommaria di Mussolini e di alcuni dei suoi tirapiedi, Laureano ricevette un messaggio da Umberto Marzocchi, un compagno italiano, che gli chiedeva di venire nella Milano appena liberata per una questione di grande importanza e segretezza […].
Per farla breve, durante i combattimenti con l'esercito tedesco in ritirata, unità partigiane delle Brigate Bruzzi-Malatesta avevano occupato i locali della tipografia specializzata in cartevalori Calcografia & Cartevalori situata nell'elegante via Giorgio Vasari. Qui avevano scoperto una serie di cliché per stampare le banconote di Franco, con tagli da 50 fino a 1000 pesetas.
La Calcografia & Cartevalori, i cui dirigenti erano pezzi grossi fascisti da lunga data, aveva un contratto con il Banco de España, che non era in grado, all'epoca, di produrre una sufficiente quantità della cartamoneta nazionale. Laureano si affrettò a Milano e prese possesso dei cliché [...]”[6].
Stuart Christie, che abbiamo interpellato a suo tempo, ha dichiarato che il fatto descritto è vero, ma anche lui non è stato in grado di citarne la fonte. Dato che Christie nel frattempo è deceduto riportiamo per esteso la sua risposta:
“[...] yes, that part’s true, not an invention, but unfortunately I can’t remember the source. […] Much of the material [del libro, n.d.a.], especially the footnotes and end of chapter notes, are true. There was, of course, no Farquhar McHarg [il protagonista del libro, n.d.a.], he was only a literary device to trace some of the history of the action groups, and to provide continuity to the narrative — which is, largely, informed conjecture”.[7]
[Sì, questa parte è vera, non è un'invenzione, ma purtroppo non ricordo la fonte. [...] Gran parte del materiale, soprattutto le note a piè di pagina e le note di fine capitolo, sono vere. Naturalmente non c'era nessun Farquhar McHarg, era solo un espediente letterario per tracciare la storia dei gruppi d'azione e per dare continuità alla narrazione, che è in gran parte una congettura informata].
Indubbiamente nel racconto ci sono alcuni passaggi che non tornano.
Secondo la testimonianza di Luigi Lanfossi del Museo della Stampa e Stampa d'arte di Lodi, l'indirizzo della ditta non corrisponde: “All’epoca la sede dell’azienda era in via Amatore Sciesa dove è rimasta fino agli anni Ottanta, poi lo stabilimento è stato spostato a S. Donato Milanese; in via Vasari erano la sede legale e gli uffici commerciali dopo l’acquisizione della società da parte del gruppo Abete”[8].
Il ruolo di Marzocchi come tramite non sarebbe inverosimile, visti i suoi stretti contatti con l'anarchismo iberico maturati durante la guerra civile spagnola, la “Retirada” e la successiva partecipazione alla Resistenza in Francia. Tuttavia non risulta che Marzocchi abbia mai lasciato alcuna testimonianza (neppure orale) su questi eventi. Come pure nessun partecipante alla Resistenza libertaria milanese risulta averne mai parlato. Inoltre un evento traumatico come una occupazione a mano armata con furto di clichés avrebbe dovuto lasciare qualche traccia nella memorialistica e nelle cronache milanesi. Ma anche queste non si trovano[9].
Certo si potrebbe obiettare che i responsabili potrebbero aver mantenuto il più stretto riserbo per evitare conseguenze penali e che l'assalto all'azienda potrebbe essere passato “inosservato” nel trambusto dell'insurrezione del 25 aprile. Ma una ricostruzione storica deve basarsi su fatti accertati e non su congetture.
Una pista alternativa potrebbe portare alla presenza di “talpe” all'interno della stessa azienda. Già nel 1938 erano comparsi in Spagna biglietti “difettosi” stampati dalla ditta milanese. Le indagini svolte avevano appurato che Coen & Cartevalori anziché distruggere i biglietti malriusciti (secondo le indicazioni ricevute dal governo franchista) li aveva immagazzinati e che da qui “qualcuno” era riuscito a farne sparire una certa quantità e poi a metterla in circolazione[10].
Non si può quindi escludere che, alla Liberazione, siano stati elementi interni a far sparire i clichés poi finiti nelle mani di Laureano Cerrada.
Ma, appunto, stiamo solo formulando delle ipotesi. Speriamo che la pubblicazione di questo articolo possa sollecitare altri ricercatori ad approfondire il problema e contribuire alla risoluzione di questo “mistero”.
[1] Teresa Tortella Casares, La dimensión internacional de los billetes españoles. La fabricación de billetes del Banco de España en el extranjero, III Congreso Internacional de Numismática, Madrid, 2003, pp. 1527-1533.
[2] Testimonianze dirette a Mauro De Agostini di Luigi Lanfossi del Museo della Stampa e Stampa d'arte di Lodi (colloquio telefonico del 30 novembre 2018).
[3] Teresa Tortella Casares, op. cit.
[5] Eliseo Bayo, Los atentados contra Franco, Plaza & Janes, Barcelona, 1976, pp. 21 ss.
[6] http://web.archive.org/web/20200804140511/https://christiebooks.co.uk/2017/09/laureano-cerrada-santos-notes-from-pistoleros-the-chronicles-of-farquhar-mcharg-2-1919-1944-1954/
[7] E-mail a Mauro De Agostini, 4 maggio 2018.
[8] Luigi Lanfossi, e-mail a Mauro De Agostini, 28 gennaio 2018.
[9] “Dopo numerose ricerche sono riuscito a mettermi in contatto con un ex dipendente di Calcografia Cartevalori ormai 85 enne. Lavorava quindi nei primi anni Cinquanta presso questa società: a lui non risulta nessuna notizia in merito al prospettato "assalto dei partigiani”. A mio parere la notizia si può ritenere priva di fondamento”. E-mail di Luigi Lanfossi a Mauro De Agostini, 9 aprile 2019.
[10] Jose Antonio Castellanos, 1000 pesetas de 1937, “Carlos I”, de la emisión fallida de Cartevalori, https://enciclopediadenotafilia.es/1000-pesetas-1937-carlos-i-cartevalori/. Nel 1939 l'azienda contava 524 dipendenti, cfr. Le ditte giudaiche. Un elenco del Ministero delle Corporazioni, Corriere della Sera, 9 agosto 1939.