Il programma di modernizzazione iniziato da Zhou En-Lai e quindi portato avanti da Deng dopo la consolidazione del suo potere, ha rappresentato agli occhi della maggior parte degli osservatori una svolta nella storia cinese contemporanea, considerata in modo positivo. Per loro MODERNIZZAZIONE significa una riconciliazione necessaria con i paesi occidentali più avanzati, che a sua volta significa distensione nella politica internazionale. C'è anche bisogno di un certo grado di liberalizzazione all'interno del paese in modo da reclutare gli esperti e gli specialisti che sono stati un tempo vittime della retorica maoista "meglio rossi che esperti". Infine, per molti degli stessi cinesi, sia all'interno che fuori della Cina, una politica interna ed estera più stabile, che dia più importanza all'economia che alla politica, porrebbe la Cina su una nuova via per imporsi come potenza tra le potenze. Per i meno influenzati da tale grandiosità nazionalista la modernizzazione può comunque significare speranza di miglioramento delle condizioni materiali.
Ma tali conclusioni attribuiscono eccessiva importanza agli aspetti quantitativi della modernizzazione. Si enfatizza l'aspetto puramente tecnico. Con l'introduzione di tecnologie più avanzate, le caratteristiche di sottosviluppo dell'economia cinese verrebbero modificate.
Sono attesi anche cambiamenti amministrativi e organizzativi, seppur trattati in termini puramente tecnici. In questo modo si perde ovviamente di vista la natura classista inerente a una tecnologia frutto di una civiltà condizionata dalle classi. L'esperienza occidentale ha già mostrato che la modernizzazione va di pari passo con un sistema di sfruttamento sempre più sofisticato.
L’avvento della macchina ha aumentato enormemente le forze produttive; ha significato anche un aumento del plusvalore sottratto ai singoli lavoratori.
La rivoluzione politica borghese che ha accompagnato l’emergere della moderna economia ha creato il mito della libertà piuttosto che la realtà di essa. Perché per quante riforme abbia introdotto, il sistema di sfruttamento persiste in maniera ancor più sofisticata, al punto che legittima se stesso con il riconoscimento universale del sistema salariale. Con il progresso tecnologico, che rende possibile un’abbondanza materiale senza precedenti nel passato, lo sfruttamento è diventato più complesso rispetto al semplice dominio, nel campo della produzione e della appropriazione. Ha dato origine al problema di controllare ogni aspetto della vita umana in modo da ben articolare la nuova capacità tecnologica di espropriazione del plusvalore.
L’autoritarismo, il dilemma del rapporto di dominio/subordinazione tra esseri umani e tra l’uomo e il suo ambiente naturale e sociale, è diventato più sottile e tuttavia più reale. D’ora in poi, ogni innovazione tecnologica deve tener conto della mobilitazione di tutto l’ambiente, cioè quello naturale, sociale e psicologico.
La mancanza di interesse verso questo aspetto da parte dei fautori della modernizzazione riflette la mancanza di un orientamento aggiornato, ma indica anche che, per quanto li riguarda, la trasformazione in corso non deve sconvolgere la struttura di potere esistente. Se la modernizzazione porta qualcosa di nuovo, questo è l’assimilazione della tecnologia occidentale di dominio, allo scopo di definire più esplicitamente la propria esistenza gerarchica. Questa è la nostra riflessione sulla modernizzazione in Cina, centrata sul rapporto tra la politica di dominio e la sua espressione tecnologica.
Lo sviluppo e la costituzione di Zone Economiche Speciali, quali lo Shenzen, lo Zhuhai, e l’apertura di 14 città costiere agli investimenti stranieri, a cui era negato l’accesso in Cina ai tempi di Mao, fanno parte di questa strategia economica adottata dalla cricca di Deng, che comporta la crescita e il dominio di una classe tecnoburocratica. I tecnoburocrati non solo hanno avuto una fiducia cieca nella moderna tecnologia occidentale, ma hanno anche optato per modalità gestionarie e amministrative occidentali. In un certo senso la nuova strategia ha permesso la liberazione di forze produttive, con la trasformazione della direzione burocratica maoista estremamente inefficiente ed inefficace. Tuttavia una più attenta analisi dello sviluppo delle ZES rivela conseguenze e tendenze poco desiderabili. Si dimostra che l’attuale Cina non è più vicina al socialismo di quanto lo fosse quella di Mao.
La politica cinese verso Hong Kong, che permette al capitalismo di sopravvivere ad Hong Kong per altri cinquant'anni, rientra in questo interesse della classe tecnoburocratica per la cosiddetta “modernizzazione”.
Nel frattempo con l’introduzione di nuove tecnologie, nuovi beni e nuovi organismi di gestione ha avuto luogo, nel periodo tra il 1981 e la fine del 1983 un ampio dibattito sull’alienazione.
Esso ha preso in esame il problema dell'alienazione politica ed economica in condizioni "socialiste". Molti scrittori e teorici ne hanno attribuito le cause all'abuso di potere politico e alla cattiva amministrazione delle risorse da parte dei burocrati al governo. Il dibattito è stato acceso e vi hanno partecipato molti scrittori ed intellettuali, citando spesso un'opera giovanile di K. Marx, i Manoscritti del 1844. Il concetto di alienazione è stato usato come chiave interpretativa di molte opere create nel periodo della “letteratura ferita", in cui vennero scritti romanzi e opere teatrali sui disastri provocati dalla Rivoluzione Culturale e dalla Banda dei Quattro.
Come era logico aspettarsi, il dibattito è stato chiuso ufficialmente. Nell'ottobre del 1983 il Politbureau ha varato la Rettificazione del Partito e le campagne contro l'Inquinamento Spirituale. Sullo sfondo di arresti massicci ed esecuzioni sommarie e in nome della lotta contro la criminalità, le forze ufficiali hanno attaccato gli esponenti principali del dibattito sull'Alienazione. Infine, stato pubblicato un lungo articolo scritto da un Comitato Centrale del Partito. L'articolo dichiarava che il concetto di alienazione è utile soltanto se usato come strumento di critica contro il capitalismo. I valori umani sono troppo "astratti" e "borghesi". Un'altra volta il Partito ha voluto confermare che l'Uomo, sotto il socialismo, è solo un mezzo per un grande fine.