Lo sviluppo della burocrazia nel corso delle quattro decadi passate, ha prodotto una continua rivalutazione dello stato, concepito come l'insieme delle persone e delle istituzioni che si occupano della politica e delle funzioni che hanno a che fare con essa; nell'intera società. Espandendo le proprie responsabilità, lo stato "attivo", attraversò i suoi funzionari, esercita un controllo sempre più efficace su ogni aspetto della condizione umana. In conseguenza di ciò, un numero sempre più crescente di persone si trova di fronte lo stato, poiché le loro vite sono sempre più strettamente integrate all'autorità burocratica; e questo è certamente in contrasto con la classica distinzione liberale tra i due ambiti della società e dello stato. Ci richiama anche l'immagine orwelliana dello stato, presentata in 1984. Inoltre, tra gli scopi che si propongono le burocrazie "comuniste" e quelli delle burocrazie "capitaliste" c'è ormai scarsa differenza.
Prendendo la realtà dello stato come punto di partenza, la relazione esamina l'efficacia operativa dello stato. A partire dal modello orwelliano, particolare attenzione viene attribuita a:
1) l'uniformità culturale cosi come viene promossa attraverso i media; 2) il ruolo della polizia come supervisore del conformismo culturale. Prendendo in esame le caratteristiche comuni sia agli stati "del benessere" (in particolare il Canada) che a quelli "socialisti" (in particolare l'URSS), l'autore dimostra come il ricorso alla coercizione sia un aspetto inevitabile ed intrinseco di ogni sistema politico per il mantenimento delle strutture. Viviamo tutti in stati di polizia, e nel loro confronti l'imperativo morale di ciascuno non può essere che quello della disobbedienza calcolata.