Errico Malatesta nasce a Santa Maria Capua a Vetere (Caserta) il 4 dicembre 1853 da una famiglia di piccoli commercianti. Dopo aver frequentato il ginnasio e il liceo, si iscrive alla facoltà di medicina dell’Università di Napoli, senza laurearsi. Aderisce fin da giovanissimo al mazzinianesimo, ma subito dopo abbraccia, non ancora diciottenne, l’ideale anarchico, a cui resterà fedele tutta la vita. Nel 1872 è tra i fondatori della Federazione italiana dell’Associazione internazionale dei lavoratori e nello stesso anno prende parte (con Bakunin e Guillaume) anche a quello che è di fatto l’atto di nascita del movimento anarchico, intervenendo al congresso costitutivo di Saint-Imier dell’ala anti-autoritaria dell’internazionale. Due anni più tardi partecipa al primo moto insurrezionale promosso dagli stessi internazionalisti e nel 1877 è tra i maggiori protagonisti della cosiddetta Banda del Matese[1].
Dal 1878 al 1883 Malatesta visita molti Paesi, partecipando ai movimenti anarchici in Egitto, Siria, Francia, Svizzera, Belgio, Inghilterra, subendo in tutti questi spostamenti continui arresti e detenzioni. Nel 1879 è espulso dalla Svizzera, passa quindi in Romania, poi in Francia, dove riceve un’identica misura di espulsione. Di lì si rifugia a Londra e in seguito a Bruxelles, poi nuovamente a Parigi per ritornare infine a Londra dove, insieme a Kropotkin, organizza il congresso internazionale anarchico svoltosi nel marzo 1881. Nella capitale inglese rimane fino alla primavera del 1882, per poi tentare di raggiungere Alessandria d’Egitto onde unirsi agli insorti nella rivolta anti-coloniale dell’estate di quello stesso anno. Nel 1883 ritorna in Italia, ma viene arrestato con l’accusa di «malfattore»[2] e rimane in carcere da maggio a novembre. Nel dicembre fonda a Firenze il settimanale «La questione sociale», che uscirà fino al maggio dell’anno successivo e attraverso il quale svilupperà un’intensa attività di propaganda anarchica e di critica alle posizioni legalitarie di Andrea Costa[3]. Nel febbraio 1884 si svolge il processo per le accuse dell’anno precedente e Malatesta viene condannato a tre anni di carcere. Per sfuggire alla condanna, alla fine del 1884, prende la via dell’esilio e si stabilisce in Argentina, dove rimane quasi cinque anni nei quali, oltre a dar vita, a Buenos Aires, alle prime organizzazioni operaie degli italiani colà stabilitisi, tenterà anche la via della ricerca dell’oro per finanziare l’attività rivoluzionaria.
Nell’ottobre del 1889 è a Nizza e dà vita al periodico «L’Associazione». L’anno seguente è tra i promotori del congresso anarchico di Capolago (Svizzera) convocato con lo scopo di far nascere un movimento anarchico organizzato. Dopo aver subìto un periodo di detenzione a Lugano, tra la fine dello stesso 1891 e gli inizi del 1892, Malatesta compie un viaggio di propaganda in Spagna. Si stabilisce quindi a Londra, ma agli inizi del 1894 ritorna clandestinamente in Italia per tentare di allargare in tutta la penisola il moto rivoluzionario scoppiato nel frattempo in Sicilia e in Lunigiana. Il disegno rivoluzionario non riesce e Malatesta ritorna nuovamente nella capitale inglese per rimanervi altri tre anni. Riappare però nuovamente in Italia alla fine del 1897 per dirigere, ad Ancona, il settimanale «L’Agitazione». Nel gennaio del 1898 scoppiano dei moti popolari proprio nella città marchigiana e Malatesta viene arrestato e processato come istigatore. È confinato all’isola di Lampedusa, dalla quale fugge alla fine del 1899. Ritorna in Inghilterra e subito dopo si imbarca per gli Stati Uniti, dove svolge un’intensa attività di propaganda. Ritornerà in Europa nell’aprile del 1900, dopo essere stato anche a Cuba.
Dal 1900 al 1913 Malatesta rimane a Londra, tranne brevi spostamenti in alcune capitali europee, mantenendosi con piccoli lavori artigianali (meccanico, elettricista, riparatore di biciclette). Nel 1907 partecipa al congresso anarchico internazionale di Amsterdam, dove sostiene una dura polemica con il francese Pierre Monatte perché, contro questi, rivendica il primato dell’anarchismo rispetto al sindacalismo rivoluzionario[4]. Ritorna in Italia nell’estate del 1913 per dirigere il settimanale «Volontà». Tra il 1913 e il 1914 sviluppa una grande azione organizzativa e di propaganda che sfocia, nel giugno del 1914, nel maggior tentativo rivoluzionario avvenuto in Italia dopo l’Unità: la Settimana rossa, avvenimento nel quale Malatesta e gli anarchici svolgeranno un ruolo di primo piano. Il fallimento del moto insurrezionale lo costringerà, ancora una volta, a rifugiarsi all’estero, stabilendosi nuovamente a Londra dove rimarrà fino alla fine del 1919.
Ritornato in Italia, Malatesta viene salutato dalle masse popolari come il «Lenin d’Italia». Migliaia e migliaia di persone accorrono ai suoi comizi in tutto il Paese e questa enorme popolarità continua per tutto il «Biennio rosso». Il consenso a Malatesta lo si può riscontrare, indirettamente, anche dalla ricezione che ha la sua prima importante iniziativa: la creazione di «Umanità Nova», il quotidiano anarchico che dirigerà dal 1920 al 1922, la cui diffusione toccherà la punta di cinquantamila copie. Avventura politica e culturale, questa del quotidiano, che viene in parte interrotta quando la sua sede milanese viene devastata nel 1921 dai fascisti. Dal 1924 al 1926 Malatesta dirige il quindicinale romano «Pensiero e Volontà», e anche questo giornale, come il precedente, lascerà un’impronta indelebile per lo sviluppo e per l’identità dell’anarchismo italiano e internazionale. In tutti questi anni, inoltre, egli ricopre un ruolo di primo piano nella lotta contro il capitalismo e contro il fascismo. Con l’avvento definitivo della dittatura – 1925-1926 – Malatesta sarà costretto a subire le limitazioni imposte dal nuovo ordine autoritario, che tuttavia non riuscirà a piegarlo. Sarà infatti relegato in una sorta di «domicilio coatto», a Roma, con la presenza permanente di poliziotti davanti alla porta della sua abitazione. Tuttavia, questa assillante sorveglianza non gli impedirà di continuare a lottare e a complottare fino all’ultimo contro il regime.
E a Roma morirà il 22 luglio 1932.
[testo di Nico Berti, tratto da Buon senso e utopia, eleuthera, 2018. I disegni dell'immagine di testata sono tratti da La rivoluzione volontaria, biografia per immagini di Errico Malatesta, di Fabio Santin e Elis Fraccaro, Edizioni Antistato, 1980]
[1] Gruppo composto da una trentina di anarchici che nell’aprile del 1877, partendo dal Matese (massiccio montuoso situato nella provincia di Benevento), tentò di far insorgere i contadini per dar inizio alla rivoluzione sociale. Lo scopo principale, comunque, consisteva nella «propaganda del fatto», vale a dire nel diffondere i principi anarchici con gesti clamorosi capaci di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica e, per quanto possibile, delle masse popolari.
[2] L’evanescente accusa di malfattore voleva indicare una sorta di «fuorilegge sociale». Fu praticamente inventata dalla magistratura per avere la possibilità di incarcerare e mettere fuori gioco gli anarchici. La giurisprudenza successiva (inizi del Novecento) la eliminò.
[3] Andrea Costa (1851-1910), principale esponente dell’internazionalismo italiano fino alla cosiddetta «svolta» del 1879, aderirà progressivamente al socialismo parlamentare, legalitario e riformista.
[4] Pierre Monatte fu prima anarchico, poi sindacalista rivoluzionario, infine, dal 1921, comunista (ma pochi anni dopo prenderà le distanze dallo stalinismo).