La rivoluzione di stato
di Louis Mercier Vega
Edizioni Antistato, Milano, 1981
206 pp. / ISBN 88-85060-21-8
Dalla quarta di copertina:
Il «Che» i tupamaros, «El pueblo unido jamás será vencido»... Al di là del miti che ci hanno accompagnato in questi anni, qual è il significato delle vicende che vanno segnando l’evoluzione delle società latinoamericane? È ancora possibile interpretarle nell’ottica semplicistica di un conflitto tra forze «progressiste» e reazionarie?
La nostra conoscenza dell’America latina, nonostante l’interesse che essa ha sempre suscitato nella sinistra (marxista e no, rivoluzionaria e no), è ancora legata a immagini stereotipate, ferme alla considerazione dei fenomeni più appariscenti. In realtà, dice Mercier Vega, anche in America latina è riscontrabile l’ascesa al potere di una nuova classe dirigente, di una tecnoburocrazia simile, per caratteristiche e finalità egemoniche, a quelle ormai ben visibili (e più diffusamente studiate) nei paesi industrialmente avanzati. Una tecnoburocrazia che si «veste» di forme politiche ed istituzionali anche assai eterogenee, tutte però accomunate dalla posizione di predominio che in esse viene ad assumere, sempre, lo Stato.
Con profondità di analisi e rigore di documentazione, l’autore dimostra la propria interpretazione prendendo in esame i diversi «casi» latinoamericani (Cuba, il Cile, l’Argentina, l’Uruguay...), facendo notare come il nuovo potere abbia spesso utilizzato l’opposizione delle vecchie oligarchie (i «vecchi padroni») per presentarsi come una forza «popolare» e nascondere la propria natura sostanzialmente autoritaria.
Nel corso della sua vita avventurosa, Louis Mercier Vega [Bruxelles 1914 — Collioure 1977] ha avuto modo di acquisire una profonda conoscenza dell’America latina, diventandone un osservatore lucido e informato, come testimoniano i numerosi saggi di sociologia politica che ha pubblicato sull’argomento, tra cui: Technique du contre-état (Paris, 1968); Mécanismes du pouvoir en Amérique Latine (Paris, 1967); Autopsie de Peron (Bruxelles, 1974).
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, dopo essere stato con la colonna Durruti nella Spagna rivoluzionaria, si rifugiò in Cile, Argentina, Uruguay. Dopo il 1945 ha frequentemente interrotto il proprio soggiorno in Francia con lunghi viaggi nei diversi stati latinoamericani fino al ’77, quando si è dato volontariamente la morte.