Breve biografia di un anarchico triestino di Clara Germani
Claudio Venza è nato a Trieste il 7 novembre 1946 da famiglia di origini siciliane (Isole Egadi) qui trasferitasi a seguito del padre che lavorava nella Guardia di Finanza.
Un luogo di socializzazione allora molto frequentato era l’oratorio e quindi Claudio aveva iniziato lì a partecipare non solo alle attività di gioco, ma anche agli incontri di discussione. Si era ben presto accorto che lì non avrebbe trovato spazio per discutere poiché regnava una diffusa ipocrisia e le decisioni venivano sempre prese dall’alto. Letture come quella dell’“Espresso” erano messe all’indice, come pure certi film (Buñuel). La goccia che fece traboccare il vaso e lo spinse a uscire da quell’ambiente fu però il fatto che, dopo una confessione, il prete non avesse voluto dargli l’assoluzione perché Claudio aveva dichiarato che durante l’estate avrebbe continuato a frequentare le spiagge, luogo di tentazione e di ulteriori pensieri impuri.
Si iscrisse alle scuole commerciali e si impegnò anche lì partecipando a un giornaletto scolastico, scoprendo però che se a parole e a livello istituzionale si sosteneva la Resistenza, nella pratica le posizioni degli studenti erano di destra.
Più tardi si iscrisse alla Facoltà di Economia e Commercio, dove subì, in quanto matricola, la gogna da parte dei goliardi di destra che predominavano nell’ambiente universitario. Venne però anche a contatto con i primi fermenti di ribellione: i grandi cortei con gli studenti delle scuole superiori, con gli operai, con gli studenti sloveni, con gli studenti greci e palestinesi che affollavano allora quell’università. Si immerse anima e corpo in quelle lotte. Partecipò all’occupazione della Facoltà di Lettere e poi a quella di Economia e Commercio (di questa esperienza rimane un’accurata analisi in uno dei suoi ultimi lavori: Microfisica di un movimento. Economia occupata. Trieste, dicembre 1969, Quaderni di Qualestoria, ISREC-FVG n. 44, 2019).
Le lotte erano allora egemonizzate dal Partito Comunista che voleva imporre la sua linea. Per fortuna molti altri cominciavano a pensare in modo meno irregimentato e le assemblee e le occupazioni permettevano un’ampia possibilità di discutere e comunicare. Claudio, tra gli altri, conobbe Ugo Germani (che diventerà suo cognato) e la di lui sorella Clara (che sarà la sua compagna per un lungo periodo) entrambi vicini agli ambienti comunisti, ma non ortodossi.
Nello stesso periodo, frequentando il Circolo l’Astrolabio e i gruppi antimilitaristi, avvenne il cruciale incontro con Umberto Tommasini (1896-1980), vecchio anarchico allora sulla settantina, e con lui per Claudio si aprì un altro modo di pensare, lottare, organizzarsi e autorganizzarsi.
Dopo solo un anno venne affittato un grande appartamento in via Mazzini 11, in pieno centro cittadino, che divenne il covo di una decina di vecchi anarchici (l’antico Gruppo Germinal) e di giovani libertari. Dal suo lungo terrazzo sono a lungo sventolate bandiere nere e rosso-nere e gli striscioni che facevano sapere alla città cosa pensavano e volevano le anarchiche e gli anarchici. Fu la prima sede politica al di fuori dei partiti, con il primo ciclostile autofinanziato, la biblioteca, l’archivio storico, la vendita di libri e giornali, la possibilità di fare riunioni come e quando si voleva, ospitando collettivi studenteschi ed operai.
Poi arrivò il terrorismo di Stato: la strage di piazza Fontana a Milano, la morte di Pinelli, le perquisizioni in cerca di bombe (al padre di Claudio un poliziotto disse: “Se io avessi un figlio come il suo, lo ucciderei”), le denunce a centinaia. La questura aveva sempre pronta una terna di nomi: Germani, Tommasini, Venza.
Non solo. C’erano da affrontare i fascisti che volevano distruggere la sede; e se non c’erano loro c’erano i comunisti del PCI che aggredivano e impedivano di portare bandiere e giornali ai cortei.
Claudio continuò con l’impegno nella scuola, la solidarietà ai lavoratori in lotta, le marce antimilitariste, il sostegno agli obiettori di coscienza e ai compagni soldati.
A metà anni Settanta Claudio, Clara e Paola Mazzaroli (per arginare una deriva archinovista che aveva preso piede a Trieste) aderirono al Gruppo Germinal e alla Federazione Anarchica Italiana; si aprì così un mondo magnifico di compagni e compagne. Claudio prese contatti con la vicina Carnia (dove era forte la tradizione anarchica e dove Ido Petris era presidente della Casa del Popolo) e scrisse, assieme a Puppini e Gagliani il libro Compagno tante cose vorrei dirti (Centro editoriale friulano, Udine, 1983) per ricordare il funerale dell’anarchico Giovanni Casali.
Intanto nel 1970 si era laureato a pieni voti con una tesi sulla ristrutturazione economica e sociale a Trieste dopo la pima guerra mondiale. Insegnò per alcuni anni nelle scuole superiori, poi ebbe la possibilità di diventare collaboratore scientifico di geografia nella Facoltà di Lingue di Udine e infine divenne docente di storia contemporanea spagnola. Così poté approfondire lo studio di una delle pagine più interessanti per il movimento anarchico internazionale, la rivoluzione anarchica del 1936, alla quale Tommasini aveva partecipato attivamente. Nel settembre 1982 diventò sobrasaliente, insegnando per un periodo nell’Università di Salamanca e nel 1992 fu nominato direttore responsabile della rivista accademica “Spagna Contemporanea”. Nel corso degli anni sviluppò rapporti profondi con i suoi studenti, scrivendo vari libri come Anarchia e potere nella guerra civile spagnola (elèuthera, Milano, 2010).
Si interessò in particolare di storia orale e assieme a Clara Germani raccolse le interessantissime memorie di Umberto Tommasini. A Vivaro, sua casa natale, furono registrate dodici cassette che diedero luogo al libro L’anarchico triestino (Antistato, Milano, 1984) in dialetto[1], al quale faranno seguito una versione ridotta in italiano, Il fabbro anarchico (Odradek, Roma, 2011), e traduzioni in castigliano, catalano, sloveno e greco, traduzione quest’ultima che Claudio ha seguito dal letto d’ospedale. A chi gli chiedeva perché il greco e non l’inglese o il francese, lingue più diffuse, rispondeva: “Perché lì gli anarchici lottano anche adesso e le parole di Tommasini possono costituire un faro, un punto di riferimento”.
Alla morte di Tommasini divenne direttore del giornale anarchico triestino “Germinal”, incarico che ricoprì fino al 2021.
Da Trieste, porta d’Oriente, negli anni Ottanta si svilupparono incontri con compagne e compagni dell’Est. Claudio collaborò a un testo collettivo sulla repressione della libertà di stampa nella Jugoslavia (A bocca chiusa) e a un testo a tre mani sulla guerriglia armata in Italia con Slobodan Drakulić e Mira Oklobdzija (Gradska gerila u Italiji: 1970-1980). Questi contatti gettarono le basi che nel 1990 permisero di svolgere il convegno Est, laboratorio di libertà che vide l’arrivo a Trieste di centinaia di delegati grazie all’inattesa caduta del muro di Berlino.
Intanto, verso la fine degli anni Novanta, il cuore di Claudio cominciò a dare i primi segni di cedimento. Ma se il suo cuore era debole, la sua volontà di combattere non lo avrebbe mai abbandonato.
Quando nel 2009 gli anarchici furono sbattuti fuori dalla sede di via Mazzini per una speculazione edilizia (ad oggi ancora non realizzata), Claudio ha sostenuto lo sforzo collettivo di trovare e acquistare una nuova sede in via del Bosco 52/a. E anche lì è rimasto sempre presente e propositivo, animando incontri e dibattiti. Con Claudio Cossu costituì inoltre il gruppo Cittadini liberi ed uguali e scrisse il saggio intitolato Il fascismo razzista. Trieste 18 settembre 1938 (Kappa Vu, Udine 2014), data in cui vennero promulgate proprio in questa città le leggi razziali. Aveva al contempo ripreso i contatti con i vecchi sessantottini, smussando alcuni spigoli molto acuti propri dell’epoca e animando l’esperienza di Quelli del ’68.
L’ultima multa per manifestazione non autorizzata se la prese nel 2020: in realtà stava diffondendo, in una città praticamente deserta, causa COVID, l’ultimo numero di “Germinal”. Il 1° maggio 2021, già molto provato, ha affrontato l’ultima faticosissima vendita di “Germinal”, e nel giugno di quell’anno ha tentato di aggregare la “sinistra” di Muggia, la città dove era andato ad abitare, sul tema della solidarietà ai migranti, ritrovandosi praticamente solo e deluso. Alla fine di agosto del 2021 è stato ricoverato ed è rimasto tra le mura di vari ospedali per quattordici lunghissimi mesi.
Anche mentre era ricoverato ha continuato indefesso l’opera di propaganda vendendo “Germinal” e distribuendo caffè del Chiapas e le saponette della VIO.ME, la fabbrica occupata e autogestita dagli operai in Grecia, a degenti e personale medico e infermieristico. Nel frattempo ha rilasciato una breve intervista su Tommasini a un compagno del gruppo Quelli del ’68, ha seguito le correzioni del libro in greco, si è informato e ha discusso con tutti quelli che lo andavano a trovare. Nel maggio del 2022 ha scritto con mano tremolante una sua autobiografia che è comparsa sul suo ultimo “Germinal”, il numero 131.
Era sempre pronto a spronare i compagni (ma non solo) a leggere, studiare, impegnarsi; era generoso, testardo, determinato, individualista (nel bene e nel male). Era un anarchico.
Mira, una compagna croata, lo ha descritto così: “Era un misto di eterno insegnante, zio buono e uomo con una missione”[2].
Come lascito testamentario ha voluto una festa che ha avuto luogo nella sede di via del Bosco 52/a il 28 gennaio 2023. In quell’occasione è stato stampato un numero speciale di “Germinal” con i ricordi di chi lo ha conosciuto.
Note
[1] Su Umberto Tommasini esiste un bellissimo video, An Anarchist Life, di Ivan Borman e Fabio Toich. Su Claudio Venza ci sono alcuni video curati da Alex Pasco (sulla guerra civile spagnola, il Gruppo Germinal e l’Incontro Internazionale anarchico Venezia ’84), un altro a cura di “Quelli del ’68” e infine il saluto di compagni e amici al suo funerale.
[2] Questa biografia è estremamente carente. Lui non era molto ordinato e io nemmeno. Lascia un lungo elenco di pubblicazioni, apparse non solo sulla stampa strettamente anarchica. Ad esempio, si è prodigato per l’uscita del Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani (2 voll., BFS edizioni, 2003-2004).
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