Oggi l'anarchismo si trova a dover affrontare un problema tutt'altro che indifferente: l'atrofia dei suoi mezzi di comunicazione con il sociale.
Eppure non è molto lontano da noi quel '68 che è stato capace di mobilitare masse di studenti e di operai e che si è rivelato ricco di segni libertari. Che cosa è cambiato?
Allora si era davvero in grado di proporre una "filosofia di vita", dei modelli esistenziali che dessero voce alle idee, che, per così dire, le presentassero in società?
Già con una analisi approssimativa di quel periodo appaiono evidenti due caratteristiche: la prima è il ricorso al rifiuto dell'esistente come metodologia edificante e giustificata in sè; la seconda è la fiducia, magari non dichiarata, ma sempre rintracciabile, in una natura umana incline alla giustizia e alla libertà. Emerge, inoltre, la figura di un uomo senza famiglia e senza società che affronta la vita come una continua avventura. Ma proprio quest'ultimo tipo proposto ben presto ha dovuto fare i conti con problemi di angoscia esistenziale, di paura della libertà. Gli altri elementi a volte insufficienti, a volte perché peccavano di ingenuità, a volte contrastanti non hanno saputo costruire una filosofia esistenziale capace di far superare il muro della paura della perdita d'identità.
Il bisogno di consolazione non poteva essere soddisfatto, se non nell'ambito del dominio, il quale ha da sempre in tale funzione una delle su principali giustificazioni.
Il superamento di questo punto morto resta un problema aperto che ci induce ad alcune considerazioni.
L'azione di sintesi del dominio e quella di differenziazione della libertà costituiscono due modelli ben distinti. Il primo lo conosciamo bene, sia a livello teorico, sia nelle sue manifestazioni quotidiane. Ma per il secondo è difficile sfuggire alla tentazione di definirlo usando il dominio come corrispettivo negativo. Si sono individuate tante "libertà di" e "libertà da", ma più difficile è individuare in modo organico che cosa "la libertà è".
Si potrebbe dire che manca l'abitudine di analizzare la libertà con occhi disincantati, a spingerla fino alle sue estreme conseguenze. Ovvero manca la capacità di distruggere il muro della paura, non già considerato come ultimo baluardo della consolazione possibile, ma come l'ostacolo oltre il quale diventa possibile l'appagamento nella diversità.