[dal Bollettino 61]
Simone Weil e il giovane falangista. Ricerche d’archivio
a cura dei Giménologues[1], 8 giugno 2009
Abbiamo ampiamente evocato il soggiorno della filosofa francese a Pina de Ebro nell’agosto del 1936 nel nostro libro Les Fils de la Nuit[2]. Dopo il suo ritorno in Francia nel 1938, Weil scrisse una lettera a Bernanos in cui evocava la storia, divenuta in un certo senso emblematica della mancanza di umanità dei suoi amici rivoluzionari, di quel giovane falangista preso prigioniero dal Gruppo Internazionale il 22 agosto 1936 e condannato a morte per decisione di Durruti. Simone non era presente al momento di quello scontro poiché, ferita, era stata portata in ospedale quello stesso giorno. Le informazioni sul giovane prigioniero le ebbe dai suoi amici del Gruppo Internazionale, Ridel [Mercier Vega] e Carpentier, che erano andati a farle visita in ospedale nel settembre del 1936[3].
Phil Casoar, nell’articolo intitolato Louis Mercier, Simone Weil: retour sur une controverse, redatto nel 1999[4], espone in dettaglio vari aspetti della questione e cita un’altra fonte, il libro di Mathieu Corman, Salud Camarada!, pubblicato nel luglio 1937:
In Salud Camarada, Corman descrive come segue il confronto fra Durruti e l’adolescente. Dopo che lo ebbero condotto davanti al comitato di guerra della colonna, il delegato generale Buenaventura Durruti, avvolgendolo con il suo sguardo di belva ferita, gli disse: “Sei troppo giovane per morire: noi non fuciliamo i bambini! Bisogna però che tu ci dia la tua parola di non fare più nulla contro di noi. Non abbiamo una prigione per rinchiuderti. La tua parola basterà. Me la vuoi dare?”.
Il prigioniero impresse al suo capo un lento movimento negativo: “No!”.
“Hai riflettuto bene?”.
“Sì!”.
“L’hai voluto tu!”.
Il tribunale popolare, costituito dal comitato del villaggio, lo condannò a morte quello stesso giorno. Era un giovane mistico. Quando, tutto tremante, fu portato verso il boschetto la cui cuspide confinava con il villaggio, i suoi occhi brillavano di una luce straordinaria. Camminando, mormorava continuamente: “Arriba España!”. Gli fu chiesto se volesse essere fucilato alla schiena. Rifiutò. I cinque miliziani si disposero di fronte a lui. Incrociò le gambe, si strappò la camicia sul petto e comandò egli stesso: “Arriba España! Fuego!”. In una lettera trovata fra delle carte, sua madre gli raccomandava di battersi fino alla morte… Aveva quindici anni.
Pur interrogandosi sulla veridicità del racconto di Corman, che non era a Pina in quella data, Phil constata che nella lettera di Weil a Bernanos si ritrovano alcuni elementi di quel racconto: l’aveva forse letto? Vi erano in ogni caso varie testimonianze che andavano nella stessa direzione, e Phil conclude il suo saggio interrogandosi sull’atteggiamento di Durruti:
Proponendogli un patto di questo tipo, sembra che Durruti abbia mancato di buon senso di fronte a questo ragazzo che si ostinava a restare coerente al proprio ideale: perché non ha cercato semplicemente di immaginare la situazione contraria? Quella di un giovane anarchico a cui per salvarsi la pelle i falangisti intimano di rinunciare a imbracciare nuovamente le armi contro di loro, e addirittura di unirsi a loro? Di fatto, il leader anarchico è talmente certo della giustezza della sua causa che si comporta come un prete gesuita che ingiunge a un eretico di abiurare la propria fede, sotto pena di morte. Il testo di Mercier, sebbene molto impreciso, condurrebbe ad accreditare piuttosto la versione di Corman, per quanto attiene l’atteggiamento di Durruti: in fin dei conti, Durruti si sarebbe lavato le mani della sorte del ragazzo (“nell’indifferenza” dice Mercier). E allora perché Durruti, che sapeva mostrarsi magnanimo e aveva impedito più di un’esecuzione sommaria, ha fatto prova questa volta di una tale indifferenza?
Consultando gli archivi franchisti, abbiamo trovato un documento che mette fine a tutti questi interrogativi. Negli archivi di Salamanca si trovano i voluminosi dossier detti della “Causa General”, dal nome della vasta inchiesta condotta villaggio per villaggio dalle autorità franchiste per inventariare le esecuzioni e gli assassinii commessi dalla “chusma roja” [la marmaglia rossa] e da altri durante la guerra civile. I dossier contengono le deposizioni dei testimoni e degli accusati – imprigionati e trattati com’è noto venissero trattatati i prigionieri nelle galere franchiste – e le dichiarazioni delle vittime o dei genitori delle vittime. Esaminando i dossier del Partido Judicial di Pina de Ebro, poi di quello di Tauste (villaggio sulla strada da Saragozza a Tudela), ci siamo con nostra grande sorpresa imbattuti nella vicenda di quel giovane falangista il cui nome era Ángel Caro Andrés. Ecco alcuni stralci dei due documenti reperiti:
Deposizione del padre, Daniel Caro Andrés[5], maestro e direttore del complesso scolastico di Tauste, indirizzata al giudice della Causa General di Saragozza:
Quando iniziò il Glorioso Sollevamento, mio figlio Ángel Caro Andrés, di 16 anni, partì come volontario da Tauste per difendere la patria in pericolo e integrò i corpi della falange n. 29 sul fronte di Quinto. Il 22 agosto 1936, nel corso di un combattimento notturno nel comune di Pina, nel luogo detto Mejana del Blanco, fu preso prigioniero dai rossi internazionali della colonna Durruti[6]. Quest’ultimo gli risparmiò la vita per via della sua giovane età e ordinò di rinchiuderlo nel municipio di Pina, che al tempo serviva da prigione. Il giorno seguente, messi al corrente del fatto, dei rossi che erano fuggiti da Tauste[7] chiesero a Durruti di consegnare loro il prigioniero per fucilarlo, ma egli rifiutò, sempre per via della sua giovane età. Allora, guidati dai loro istinti criminali, essi attaccarono la prigione il 24 agosto di prima mattina, prelevarono il prigioniero e lo assassinarono presso l’Ebro.
Quando Pina fu occupata dalle truppe franchiste nel marzo del 1938, Daniel Caro Andrés cercò e trovò i resti di suo figlio, che furono inumati nel cimitero di Pina.
Sempre Daniel Caro Andrés cita poi il nome di Andrés Cupillar Pintanel, nativo di Tauste e arruolato nella colonna Durruti, il quale avrebbe personalmente sentito a Osera gli assassini di suo figlio vantarsi del loro atto.
Seguono i nomi di diciassette uomini incriminati per questa vicenda, per la maggior parte nativi di Tauste[8], ma parrebbe che nessuno di loro sia stato in seguito arrestato.
Per tre di loro, presentati come noti militanti di sinistra, l’inchiesta proseguirà fino al 1955 e per alcuni fino al 1965. I loro nomi sono: José Pellicer Murillo, membro della CNT che faceva parte del gruppo di insorti che il 7 ottobre 1934 aveva dichiarato il comunismo libertario a Tauste; José Martínez Berlin, membro della CNT che aveva partecipato a sua volta agli eventi di Tauste nell’ottobre del 1934; Ramón (o Raimundo) Hernando Lasheras, membro della UGT e poi della CNT, condannato nel 1934 per detenzione di armi.
Un rapporto della Guardia Civil di Tauste datato 1964 riporta quanto segue: “Si sa che un gruppo di Tauste in cui si trovava Pellicer seminò terrore [durante la guerra civile] in vari villaggi [lato repubblicano] e soprattutto a Pina, Gelsa e Osera”.
È abbastanza curioso trovare negli archivi franchisti documenti a discarico di Durruti; in ogni caso, ciò ci conferma che occorre sempre incrociare il più possibile le testimonianze e i racconti con i documenti, e viceversa. Si tratta di un grosso lavoro, ma ne vale spesso la pena. Si veda al proposito: Archivo Historico Nacional, FC - Causa General Pina de Ebro, pp. 10-11; Archivo Historico Nacional, FC - Causa General, Tauste, 1425, exp. 59, pp. 49-50.
Il fatto poi che molti archivi siano stati adesso digitalizzati, come quelli della Causa General – pares.mcu.es/ParesBusquedas20/catalogo/description/2600914 – o quelli di alcuni quotidiani quali “La Vanguardia” di Barcellona – www.lavanguardia.es/hemeroteca – facilita non poco le ricerche degli storici dilettanti come noi.
Note
[1] Les giménologues sono un piccolo gruppo di ricerca che si è formato intorno alla figura di Antoine Gimenez, di cui hanno curato le memorie rimaste a lungo inedite e ora riunite nel libro da loro pubblicato: Les Fils de la Nuit. Come spesso accade, Antoine Gimenez non era il vero nome della persona che lo aveva assunto, ma lo pseudonimo di un anarchico italiano: Bruno Salvadori (Chianni, PI, 1910 – Marseille, 1982). Operaio edile emigrato in Francia a causa del fascismo, combatté in Spagna nel Gruppo Internazionale della Colonna Durruti. Lo stesso gruppo di cui si parla in queste pagine.
[2] [Antoine Gimenez, Les Giménologues, Les Fils de la nuit. Souvenirs de la guerre d’Espagne (juillet 1936 février 1939), L’insomniaque, Paris, 2006; nuova edizione Libertalia, Paris, 2016]. Vedi le note n. 6, 12 e soprattutto 16, alle pp. 244, 20, 256 della nuova edizione. [Il libro è uscito anche in traduzione inglese: The Sons of Night. Antoine Gimenez’s Memories of the War in Spain, AK Press, Oakland-Edinburgh, 2019].
[3] Lettera di Louis Mercier a Jean-Paul Samson, datata 16 dicembre 1954, pubblicata in “Témoins” n. 8 (primavera 1955) [vedi supra pp. 27-29].
[4] In AA.VV., Presence de Louis Mercier, Atelier de Création Libertaire, Lyon, 1999 [testi di David Berry, Amedeo Bertolo, Sylvian Boulouque, Phil Casoar, Marianne Enckell, Charles Jacquier].
[5] Il primo documento è redatto a Tauste il 7 novembre 1940; il secondo è senza data.
[6] Nel secondo documento si dice che “la Brigata Internazionale era diretta da un certo Luis, un francese che parla spagnolo”.
[7] Dopo il 19 luglio 1936.
[8] José Salvador Sariñena (nato a Gelsa); José Pellicer Murillo; Jesús Tudela Larraz; Andrés García Melendez; Mariano Obedé Arjol; Ramón Hernando Lasheras (nato a Mores); Moises Candial Conde; Luciano Navarro Alegre; Francisco Borao Conde e suo fratello Saturnino; Ignacio Bernal Sánchez; Margarito Cañete Cañete; Ángel Soria Morales; Enrique Lorente del Olmo; Pascual Laborda Laborda; José Martínez Berlin e suo fratello Antonio (l’elenco comprende solo quindici nomi) .
[fonte: “gimenologues.org”, http://gimenologues.org/spip.php/img/_article_pdf/spip.php?article402, traduzione dal francese di Marco Bonello]