Paul McIsaac nei panni di "Doc" in una scena di Doc's Kingdom, regia di Robert Kramer, 1986 [fonte: Robert Kramer - Doc's Kingdom (DVD trailer), REVOIRVIDEO, https://www.youtube.com/watch?v=R1yxMqBPj_k (fair use)]
Paul McIsaac, attore, giornalista radiofonico, ha trascorso la vita attraversando i contesti underground e le lotte sociali, civili e politiche che hanno segnato gli Stati Uniti d'America nella seconda metà del Novecento. Ha collaborato con il Centro Studi Libertari in alcune occasioni importanti, come durante l'Incontro di Venezia '84 e prestando la propria voce per la versione inglese del documentario Beyond Domination and Hierarchy, Libertarian Practices for an Ecological Society (titolo originale: Oltre il dominio e la gerarchia...), dedicato alla vita e al pensiero di Murray Bookchin. In questo testo scritto nel 1998 racconta l'intenso rapporto di collaborazione che l'ha legato al regista Robert Kramer (1939-1999), offrendo nel frattempo un vivido affresco dell'America radicale e dei movimenti politici che la componevano, oltre a una profonda riflessione sul senso politico e umano dei film realizzati insieme a Kramer.
Creating Doc – Creando "Doc"
di Paul McIsaac, 07/01/1998
“I fought in the old revolution…
Of course, I was very young and
I thought we were winning.”
Leonard Cohen, The old Revolution
1.
Ho lavorato con Robert Kramer in tre dei suoi film più importanti: Ice (1969), Doc's Kingom (1986) e Route One/USA (1987-1988).
Nel nostro rapporto di collaborazione lungo trent'anni, abbiamo spesso ignorato le distinzioni tra scrittore, attore, operatoree regista.Attingendo alle nostre vite e ad altre della nostra generazione, abbiamo creato il personaggio di Doc e lo abbiamo collocato nel mondo reale. È stato un processo dialettico... Doc è una sintesi, un'espressione della nostra generazione e della tensione creativa tra due persone molto diverse.
Trent'anni fa, quando Robert e io ci siamo incontrati per la prima volta, eravamo radicali, eravamo giovani, arroganti ed era un momento glorioso in cui vivere. Oggi, in questi tempi reazionari, i revisionisti degli anni Sessanta – sia di destra sia di sinistra – si costruiscono una carriera facendo leva sugli errori di quell'epoca o scusandosi per i nostri eccessi. È vero, eravamo abbastanza folli da cercare di cambiare il mondo... e lo abbiamo fatto, a volte anche in meglio. Per capire il nostro lavoro insieme, bisogna partire da quel passato.
Allora eravamo compagni. Ma eravamo anche competitivi, ci guardavamo l'un l'altro con rispetto e sospetto. A volte le persone ci chiedono se siamo fratelli e ci scambiano l'uno per l'altro. All'epoca, alla fine dei nostri vent'anni, ero soprattutto consapevole della nostra differenza di classe.
2.
Cresciuto nel Greenwich Village di New York nel secondo dopoguerra con tutta l'educazione e l'istruzione che una famiglia di professionisti ebrei liberali poteva fornire, Robert, il figlio prediletto, era destinato a diventare un leader. Ma dopo il college si ribellò, si sottrasse alla leva e divenne un organizzatore di comunità, un regista radicale, uno dei fondatori di New York Newsreel e una figura chiave della Nuova Sinistra. Robert aveva le capacità e la sicurezza per comandare, ma ciò che voleva aiutare a guidare era una rivoluzione che avrebbe completamente stravolto il "mondo di suo padre".
D'altra parte, io provengo dalla classe proletaria protestante d'America. Mio padre era un imbianchino, arrivato illegalmente dalla Scozia. Mia madre era un'operaia della Georgia rurale. Ho trascorso la maggior parte della mia prima vita in istituti, orfanotrofi, carceri minorili e nell'esercito. Invece di andare all'università ho trovato la mia strada nel teatro e nel cinema, recitando e dirigendo. Venivamo dagli estremi opposti degli strati sociali e ci siamo incontrati in un momento insurrezionale.
"La rivoluzione non è creata da un corpo anonimo di persone chiamato " la massa" ... la benzina che ha fatto divampare il fuoco è costituita da una minoranza di militanti che provenivano dagli strati oppressi. E, cosa molto significativa, da un'intellighenzia radicale... una rete di scrittori, artisti, poeti e professionisti di ogni genere, persino attori..."
Murray Bookchin, The Third Revolution. Popular Movements in the Revolutionary Era, Vol. I, Cassel, Londra 1996
Pur provenendo da mondi molto diversi, Robert e io facevamo entrambi parte di quello che veniva chiamato il Movimento. Composto da diverse tendenze politiche, esacerbate dalle differenze razziali e di classe e intensificate dall'individualismo americano, il Movimento era la casa di ogni tipo di ribellione. Era radicato nella lotta per i diritti civili dei neri, negli artisti della Beat Generation, nella classe media liberale e nei resti della sinistra tradizionale, soppressa durante la guerra fredda. I suoi ranghi erano pieni di rivoluzionari impegnati e di altri che cercavano di sfuggire alla leva e di andare avanti con le loro carriere.
3.
Eravamo figli di comunisti e socialisti... “bambini dal pannolino rosso” (Red Diaper Babies). Eravamo pacifisti, membri del movimento contro la guerra, renitenti alla leva, attivisti studenteschi. Come membri della Nuova Sinistra, eravamo marxisti e anarchici (di molte varietà), nazionalisti razziali e culturali, attivisti emergenti dei movimenti femministi, di quelli per gay e lesbiche, ecologisti. Eravamo operai radicalizzati e veterani di guerra, riformatori liberali, ragazzi di strada, agenti provocatori, mocciosi viziati, pazzi scatenati, esploratori spirituali, drogati e qualche vero eroe. Alla fine degli anni Sessanta Robert era una figura di spicco della Nuova Sinistra, ma realizzava anche film indipendenti e d'autore, esplorando idee con anni di anticipo rispetto al loro emergere nella sinistra statunitense o europea.
Nello stesso periodo, vivevo in Europa ed ero vicino alla rete degli Anarco-Artisti, ispirata ad Antonin Artaud, al Living Theater, alla psichedelia e all'anarchismo. Volevamo trasformare eventi sociali e politici, manifestazioni, concerti e vita quotidiana in... ARTE. Arrivai a Parigi nel maggio del Sessantotto e mi unii al "teatro dell'insurrezione" per le strade. Una sera, in un momento di quiete, una giovane donna, piena di "esprit de la Révolution", mi raccontò la storia della Rivoluzione a Parigi. Tenendo in mano un ciottolo, mi disse che erano le stesse pietre che il suo bisnonno aveva divelto per combattere l'esercito e la polizia ai tempi della Comune di Parigi... era una sensazione inebriante.
Quando tornai negli Stati Uniti era l'estate del 1968, nel mezzo di un anno che sembrava piuttosto un decennio. Mi misi in contatto con gli Yippies e quell'autunno aiutai a organizzare il Festival of Life alla convention democratica di Chicago. Mi resi subito conto delle spaccature nel Movimento, in particolare quella tra i radicali politici e i radicali culturali, marxisti i "politici" e anarchici quelli della "controcultura".
Percorrendo le strade di Chicago con gente del collettivo Newsreel, rimasi impressionato dal modo in cui entravano e uscivano dalla massa dei manifestanti con le loro telecamere, sempre all’interno eppure non parte dell’azione.
Logo utilizzato dal collettivo Newsreel fino agli anni Settanta [fonte: https://www.youtube.com/watch?v=IrZIEMrmVrw&ab_channel=USNationalArchives]
4.
Newsreel era il gruppo cinematografico radicale d'America, che realizzava e distribuiva film sulle Pantere Nere, sulla ribellione studentesca, sui diritti civili, sul movimento femminista e sulla lotta mondiale contro il colonialismo, l'imperialismo e il capitalismo. I film realizzati e il modo in cui usavano il cinema come strumento di organizzazione erano stimolanti e incendiari. Pensavo che questo gruppo potesse riunire le due tendenze della sinistra, quella culturale e quella politica.
Vidi Robert in azione alla mia prima riunione di Newsreel, all'inizio dell'inverno del 1968. C'erano forse cinquanta persone riunite in questo vecchio e scricchiolante loft vicino al Garment District di New York. Si trattava di uomini e donne forti e di talento... ma alla fine il gruppo era controllato da un piccolo gruppo di "pezzi grossi", e Robert era uno di questi.
Un tempo, qualcuno come Robert con un paio di altri leader (maschi) avrebbero preso il comando e gestito direttamente il gruppo. Ma questa era la Nuova Sinistra e il nostro era un "collettivo", e quindi loro gestivano comunque il gruppo, ma indirettamente.
Con la forza delle loro idee e delle loro argomentazioni riuscivano a “educare” e convincere gli altri, a volte costruendo un consenso genuino. Tuttavia, il loro fascino, la loro intelligenza, la loro autorità maschile e il loro sensuale carisma erano sempre all'opera. Sullo sfondo era sempre presente anche la loro possibilità di accedere al denaro, alle informazioni, al potere, come anche giusto un accenno di violenza e intimidazione. Ammiravo e detestavo questo piccolo gruppo di uomini. Avevo (o pensavo di avere) molte delle loro capacità, ma ben poco del loro potere.
Robert era il più dinamico, la sua disciplina da karateka gli conferiva una presenza fisica disinvolta e potente, mentre la sua collera minacciava di esplodere da un momento all'altro. Entrando e uscendo dall'ombra ai margini dell’assemblea, sussurrava a questo, flirtava con quell'altra, si faceva avanti nel mezzo per esprimere una posizione o respingere le idee di qualcuno con il semplice linguaggio del corpo... era una forza attraente e minacciosa. Aveva lunghi e folti capelli scuri, baffi alla Zapata, una giacca di pelle logora e stivali pesanti... e dava l’idea di girare armato di coltello. Forte dei suoi privilegi di classe e di pelle, ora al servizio del "popolo", Robert si impegnò a fondo per costruirsi un'immagine di capo della guerriglia urbana... e ci riuscì.
5.
Nel film di Newsreel Summer 68 si vede Robert con Tom Hayden e gli altri leader della Nuova Sinistra che si rivolgono alla folla di Chicago. È facile capire dal loro atteggiamento che qualora fosse emersa una vera situazione rivoluzionaria, sarebbero stati pronti a guidarla.
Una sera sul tardi, in un momento di tranquillità, chiesi a Robert cosa stesse cercando. Con il modo di fare deciso e chiaro del leader rivoluzionario, mi disse: "Sto cercando un esercito". Non stiamo parlando di una folla raffazzonata che lancia sassi, ma di un vero e proprio esercito. Sono sicuro che si vedeva nei panni del comandante. Robert rispose a questo momento "rivoluzionario" creando un film di finzione che esprimeva i sogni, gli incubi e le aspirazioni del Movimento. Era profetico, inquietante ed è un importante documento di quell'epoca... si chiama Ice.
"A qualcuno i nostri film ricordano delle riprese di guerra: sgranati, con la macchina da presa che si muove qua e là in continuazione per cercare di catturare le immagini e non venire comunque colpita/intrappolata. Beh noi, come molti altri, siamo in guerra... (Vogliamo) fare film che scuotano la quiete, i pregiudizi, che siano minacciosi, che... esplodano come granate in faccia alla gente, o aprano le menti come un buon apriscatole".
Robert Kramer, “Film Quarterly”, Inverno 1968-69
La rivoluzione investe la vita di tutti noi. Decine di migliaia hanno imparato che proteste e marce sono lettera morta. L’unica strada da seguire è quella della violenza rivoluzionaria.
Dichiarazione di stato di guerra. Comunicato n.1 dei Weather Underground, 21 maggio 1970
Già negli ultimi mesi del 1968 molti di noi sentivano incombere sia un cambiamento rivoluzionario sia una violenta repressione. Che fare? Il nostro governo stava conducendo una guerra all'estero e in casa, nei ghetti e nei barrio... Si deve protestare pacificamente o ci si unisce alla resistenza armata? Qual è il ruolo "corretto" della violenza? Si sostengono i Vietcong (NLF) o ci si limita a manifestare per l’uscita degli Stati Uniti dal Sud-Est asiatico?
Poster di un film del collettivo Newsreel dedicato a "Operation Move-in", una campagna di occupazione di case a Manhattan da parte di famiglie portoricane e dominicane, 1970 [fonte: Roz Payne Sixties Archive, https://rozsixties.unl.edu/items/show/19 (fair use)]
6.
Nelle interminabili assemblee di Newsreel si dibatteva senza sosta su questo genere di interrogativi. Quali film realizzare e distribuire? In queste sessioni frustranti ed eccezionali si percepiva l'atmosfera da questione di vita o di morte di un consiglio di guerra rivoluzionario. Credevamo che i nostri film e le nostre azioni facessero davvero la differenza. Eravamo certi che ogni decisione presa avrebbe influenzato il corso della storia, ed eravamo intenzionati a prenderla nel modo più collettivo possibile.
Tuttavia, quando Robert annunciò di avere i fondi per realizzare Ice, il nostro impegno per l'azione collettiva sembrò svanire.Ice non èmai stato sottoposto al processo collettivo. Ha avuto un'approvazione tacita e non dichiarata, forse perché quasi tutti noi recitavamo una parte nel film, dentro o fuori lo schermo, o perché era stato realizzato dai "pezzi grossi" di Newsreel. Ice è stato girato in sei settimane nel gennaio e febbraio 1969 ed è uscito nel 1970. Il film non ha titoli di coda, ma è stato scritto e diretto da Robert Kramer, girato e montato da Robert Machover e prodotto da David Stone, con una sovvenzione di 15.600 dollari dell'American Film Institute. L'AFI si aspettava un "cortometraggio di fantascienza". Quello che ottenne fu un lungometraggio in 16 mm in bianco e nero che immaginava una rivoluzione armata nell'America moderna.
Locandina di Ice e pubblicità per la prèmiere del film, 1970 [fonte: https://cinemasojourns.com/2020/09/22/on-the-road-with-robert-kramer/ (fair use)]
È ambientato in un "prossimo futuro", in cui la repressione interna degli Stati Uniti è stata fortemente inasprita e all'estero si combattono "uno, due, molti Vietnam", compresa una guerra contro-rivoluzionaria in Messico. Il film segue un gruppo fittizio chiamato Comitato Nazionale delle Organizzazioni Rivoluzionarie Indipendenti mentre porta avanti un'offensiva armata a New York City in preparazione di una "offensiva nazionale" destinata a scatenare una "rivolta generale di tutto il popolo". Questo gruppo armato clandestino viene a sua volta braccato, torturato e soppresso da squadroni della morte paramilitari.
Ho interpretato uno dei ruoli centrali in Ice e tutto sembrava avere senso, momento per momento. Ma, come tutti gli altri, non avevo idea di come sarebbe stato il film finito o dell'effetto che avrebbe avuto. Dopo averlo visto montato, ero combattuto: come film mi piaceva, ma come documento politico lo rifiutavo. Era crudo e grezzo ed esprimeva molti dei miei pensieri e delle mie convinzioni, eppure ero d'accordo con coloro che non volevano che fosse distribuito da Newsreel.
7.
Si sentivano molte ragioni diverse dietro questo rifiuto... Era solo un trip personale di Robert. Era "infantile avventurismo". In ultima analisi, credo che Ice abbia spinto tutti a mettersi realmente in relazione alla violenza e alle sue implicazioni, e molti di noi si sono tirati indietro. Come gruppo, distribuire "ufficialmente" il film avrebbe implicato un avallo del nascente movimento armato clandestino negli Stati Uniti, strategia che molti di noi non hanno mai condiviso. Newsreel ottenne un film che si rifiutò di distribuire.
Recentemente ho chiesto a due vecchi amici cosa pensassero di Ice all'epoca. Uno era stato membro di un gruppo rivoluzionario armato e aveva trascorso un periodo in clandestinità e un decennio in prigione. Ricordava che..."Ice era fantastico! Abbiamo subito detto: "Giusto! È esattamente il film di cui abbiamo bisogno". L'altro amico, un artista pacifista che ama molti altri film di Kramer, ha detto: "Quando ho visto Ice a Parigi nei primi anni Settanta, mi sono alzato in piedi nel bel mezzo del film e ho urlato... PUTTANATE, sono tutte PUTTANATE!".
Oggi vedo Ice in modo diverso... È un monito, un film di "fantascienza" che proietta nel futuro paure e paranoie sulla violenza e la rivoluzione... "per vedere cosa potrebbe accadere". All'epoca funzionava come una sorta di psicodramma che costringeva lo spettatore a schierarsi. "O sei parte della soluzione o sei parte del problema"! Era un'epoca di assoluti. Alcuni di coloro che realizzarono Ice presero effettivamente parte, come militanti o sostenitori, a quella visione disperata e violenta che fazioni come i Weather Underground, la Black Liberation Army, le Brigate Rosse, il Gruppo Baader-Meinhof, e altri movimenti di guerriglia urbana in Giappone e in Europa portarono fino alle sue estreme conseguenze.
Dichiarazione di stato di guerra, il comunicato con cui i Weathermen annunciavano l'entrata in clandestinità e la scelta della lotta armata, pubblicata nel numero del 5-19 giugno 1970 della testata underground «RAT Subterrean News» [fonte: Roz Payne Sixties Archive, https://rozsixties.unl.edu/items/show/717 (fair use)]
Questi dibattiti su violenza e lotta armata in Newsreel gravitavano attorno a Ice, ma anche altri nel più ampio Movimento dovevano affrontare le stesse questioni. A ciò si aggiungevano le enormi pressioni esercitate su tutti noi dall’esterno, da parte del governo e anche dall’interno. La polizia, l'FBI e le forze di sicurezza nazionale si scatenarono in una campagna molto efficace, dal nome in codice COINTELPRO. Funzionò, riuscirono a infiltrarsi e a smantellare molti gruppi, in particolare quelli dei neri, che furono presi di mira e "neutralizzati". Infine, ci fu una ribellione all'interno della ribellione.
8.
Sul versante interno, Le donne, i neri e altre "minoranze" si ribellarono, facendo scissioni o buttando fuori la leadership maschile bianca. Newsreel stesso fu trasformato da queste richieste di uguaglianza. In seguito divenne infatti Third World Newsreel, nome che porta ancora oggi.
“Addio. Addio per sempre, Sinistra contraffatta, contro-sinistra, riflesso dello specchio in frantumi a predominio maschile dell’incubo Amerikano. Le donne sono la vera Sinistra”.
Robin Morgan, 9 febbraio 1970
Ho lasciato Newsreel non molto tempo dopo la distribuzione di Ice. Frustrato dal modo in cui i fondi e le risorse venivano gestiti dalla leadership del gruppo, sono tornato all'azione diretta nonviolenta per le strade, organizzando le lotte con lavoratori e detenuti. Più o meno nello stesso periodo un contingente di membri della prima ora di Newsreel (alcuni direbbero istruiti da Robert dopo la bocciatura di Ice) lasciò New York e andò a vivere e organizzarsi politicamente nel Vermont. Consideravano questo “ritorno alla terra" non come una fuga, ma come il primo passo verso un modello di lotta guerrigliera che “portasse la guerra in casa”. Altri membri di questo gruppo, generalmente donne, pur opponendosi alla macchina bellica dello Stato erano più focalizzati sulle problematiche quotidiane. Volevano iniziare a costruire una nuova società, ora... nel guscio della vecchia.
In questo periodo ho incontrato Robert una sola volta. È stato nella vecchia casa di Roz Payne nel nord del Vermont. Roz, presente in molti film di Robert, e altri ex-veterani di Newsreel come il regista John Douglas, stavano costituendo una rete su scala statale chiamata Free Vermont. Casa sua era uno dei centri nevralgici di sostegno alle guerre di liberazione all'estero e alle persone in clandestinità qui... compresi i renitenti alla leva, che passavano di qui nel loro esodo verso il Canada. Ispirati dalla controcultura, diedero vita a comuni, cooperative alimentari e centri comunitari per l'infanzia, per la salute e per la donna. Mentre altri continuavano a esercitarsi con le armi in segreto, nelle profondità dei boschi.
Roz Payne in due scatti rispettivamente dell'inizio e della fine degli anni Settanta (in costume da sceriffo) [fonte: Roz Payne Sixties Archive, https://rozsixties.unl.edu/items/show/817 & 507 (fair use)]
Il dominio maschile veniva sempre più messo in discussione e affrontato, e intanto nascevano bambini, i matrimoni finivano e si formavano e riformavano nuove coppie. Alcuni dei nostri amici hanno deciso infine di imbracciare le armi e si sono dati alla clandestinità. Molte donne e molti gay facevano "coming out", spesso diventando più radicali in senso culturale.
9.
Ricordo una sera in cui Robert, John e noialtri "maschi", seduti sulla veranda di Roz, venivamo criticati e messi di fronte al nostro sessismo. Mentre rammendavamo i nostri jeans, eravamo anche impegnati ad "aggiustare il nostro modo di fare". Questi momenti di confronto erano inevitabili e per nulla facili... C'è stato un periodo in cui mi sono sentito come prigioniero in un "campo di rieducazione politica" per maschi bianchi privilegiati. Robert ha lavorato con John Douglas per documentare questo periodo nel suo film Milestones del 1972. Per me il doppio positivo ed erotico di Ice.
Robert Kramer (a sinistra) e John Douglas nel 1972 [fonte: «Cahiers du cinéma» n°258-259, juillet-août 1975]
Con l'affermarsi della contro-rivoluzione a metà degli anni Settanta e il declino del Movimento, molte persone rifluirono verso una vita convenzionale e la carriera. Robert, ancora alla ricerca della rivoluzione, si recò in Portogallo dove realizzò Scenes From The Class Struggle In Portugal (1975-76), e quindi in Angola per la realizzazione del libro fotografico, With Freedom In Their Eyes.
Dopo aver trascorso più di un anno in California, lavorando come camionista e scrivendo sceneggiature, si è trasferito in Francia nel 1979. Lì ha potuto realizzare i film che voleva, al di fuori dell’industria cinematografica dominata dalle grosse corporazioni.
Io ho trascorso la fine degli anni Settanta e gli anni Ottanta lavorando in una radio non commerciale. Ho seguito scioperi, movimenti sociali, guerre e rivoluzioni.
Nel creare questi documentari radiofonici, ho cercato di evitare gli esperti, rivolgendomi sempre a quelle persone che stavano vivendo la "storia".
La reputazione di Robert è cresciuta, a distanza. Era "Kramer, il regista radicale ex-patriota apprezzato sì dai francesi, ma non in patria". Lui e i suoi film stavano acquisendo sempre più un alone mitico, soprattutto, credo, perché in America non abbiamo mai potuto vedere nessuno dei suoi lavori.
Per quasi quindici anni Robert e io non abbiamo avuto contatti. Poi, nell'estate del 1984, Roz Payne e altri organizzarono una riunione del movimento Free Vermont. Decine di persone vennero da ogni dove in un campo giovanile sul lago Champlain, vicino al confine tra Canada e Vermont. È stato allo stesso tempo imbarazzante e piacevole rivedere tanti vecchi amici. Ho cercato di parlare con tutti, poiché stavo producendo un documentario radiofonico per la radio nazionale pubblica, che avevo chiamato "La riunione dei radicali" (Reunion of Radicals). I figli di questi radicali degli anni Sessanta sono stati il pezzo forte del mio programma.
Incontro promosso dal movimento Free Vermont nella metà degli anni Settanta [fonte: Roz Payne Sixties Archive, https://rozsixties.unl.edu/items/show/8 (fair use)]
10.
Le conversazioni con Robert sono state diverse da quelle con gli altri partecipanti a questa riunione... pochissime chiacchiere o reminiscenze. Siamo entrati in contatto a un livello molto più profondo di quanto non sia mai stato possibile ai tempi di Newsreel. Il senso di sospetto e la competitività che avevamo da giovani sembravano essersi dissolti. Abbiamo iniziato dei discorsi che hanno portato alla creazione del personaggio di Doc... non molto tempo dopo eravamo in Portogallo per girare Doc's Kingdom.
La troupe che Robert mise insieme a Lisbona comprendeva Robert Machover, che aveva girato e aiutato a montare Ice vent'anni prima, e i membri della sua famiglia cinematografica francese, il direttore della fotografia Richard Copans e la fonica Olivia Swab.
Il personaggio di Doc è nato dalla vita di entrambi e da quella degli amici, alcuni dei quali erano ormai morti, in prigione o semplicemente "dispersi in azione". Senza forzare un paragone con il mito, abbiamo visto che, come Ulisse, Doc ha affrontato un lungo viaggio di ritorno dalla guerra. Doc era un radicale che non si arrendeva: era coraggioso, idealista e si è salvato a stento.
Durante le riprese il copione cambiava continuamente e io ero libero di improvvisare mentre "diventavo" Doc. Ho recitato in molti altri film e sul palcoscenico, ma non ho mai avuto questo tipo di libertà. Ho scoperto un modo di lavorare naturale e impegnato, come suonare il jazz. Fino a quel momento Robert preferiva evitare di lavorare con attori professionisti, ma credo che si sia reso conto che il mio modo di recitare fosse molto affine al suo modo di lavorare sui film.
Nel corso del film impariamo molto su Doc. Vediamo la sua casetta sul fiume Tage, lo osserviamo arrancare verso il suo lavoro in un vecchio e tristo ospedale di Lisbona. Lì ha a che fare spesso con la morte. Ha una qualche afflizione... un virus, l'alcol, l'isolamento? Nel suo delirio ci racconta di quando era in prigione da giovane e di come ha rotto con il movimento armato e si è trovato a scegliere tra la pistola e la medicina. A differenza del Che, scelse la guarigione. Ha poi vissuto in un esilio autoimposto al servizio dei movimenti indipendentisti in Africa. Ora è tutto finito, ha toccato il fondo, aggrappato a quel bordo d'Europa.
11.
In questo suo "regno" arriva il figlio (Vincent Gallo). Un figlio di cui non conosceva l'esistenza. Doc vorrebbe rivederne la madre Rozie (Roz Payne). Ma viene a sapere dal figlio che è morta. Il figlio abbandonato e il padre assente cercano di trovare un modo per stare insieme. Si riesce a stabilire solo un fragile legame. Sul finire del film, Doc esprime il suo desiderio di tornare negli Stati Uniti dopo tutti questi anni di esilio, e lo stesso vale per Robert. Già durante il montaggio di Doc's Kingdom, sono in atto i piani per il suo ritorno in patria.
L'idea originale di Robert per Route One era quella di far tornare una troupe negli Stati Uniti, percorrendo la U.S. Route 1 dal confine canadese attraverso la costa orientale, passando per le vecchie colonie, Boston, New York, Washington, D.C. fino ad arrivare al Sud e a Key West in Florida. Dopo più di dieci anni di "esilio... in Europa a fare film", cosa avrebbe trovato Robert tornando a casa in America? Robert mi chiamò e mi chiese di aiutarlo a trovare luoghi e persone interessanti da includere nel suo viaggio cinematografico. Accettai e iniziai a fare telefonate. Inizialmente Doc non era mai stato menzionato. Ma quando abbiamo iniziato a lavorare insieme per organizzare il viaggio di Robert, Doc ha "insistito" per partecipare al viaggio. È stato proprio come tutto il resto di questo progetto... l'idea di seguire Doc è emersa dal processo di lavoro comune.
La nostra troupe ha impiegato sei mesi, con riprese quasi quotidiane, per compiere il viaggio. Ogni giorno sembrava che le stesse stanze di motel e gli stessi diner si spostassero con noi lungo la strada. Ma le persone e i luoghi che incontravamo erano sempre nuovi e affascinanti. Questa volta lo stesso Robert si è messo dietro la macchina da presa. Richard Copans si è occupato della produzione e ha curato la fotografia e le luci. Olivia Swab si è dedicata al sonoro. Jordan Stone e Christine LaGoff erano assistenti di produzione. La troupe non era mai composta da più di cinque persone, nelle due auto che seguivano Doc lungo la strada.
12.
Non eravamo turisti, quanto piuttosto pellegrini o avventurieri. Oltre ad arrivare all'estremità della Route 1, non avevamo un vero obiettivo o un viaggio pianificato in mente. Generalmente ci fermavamo in una città dove c'erano persone da vedere o idee da esplorare: una strega, un pescatore di aragoste che suonava la cornamusa, un immigrato clandestino.
Altre volte seguivamo Doc fino alla capanna di Thoreau sul Walden Pond o a un centro di aiuto comunitario... e poi vedevamo cosa sarebbe successo. A volte tutto si fermava mentre cercavo di capire come Doc sarebbe entrato in una scena. Altre volte ricordo Robert seduto con la cinepresa in grembo a meditare su come catturare un momento. Alla fine scoprivamo qual era la cosa più giusta per Doc e come Robert l'avrebbe girata. Abbiamo davvero improvvisato man mano che andavamo avanti.
Durante il viaggio, le nuove persone che incontravamo erano perfettamente a loro agio con l'idea che io interpretassi un medico che tornava a casa dopo molti anni. Sapevano di stare "interpretando" sé stesse. In altri momenti Robert ha preso la cinepresa ed è andato a esplorare altre realtà senza Doc, alcune molto legate al suo passato e importanti per la sua storia. Il tutto si fa più complesso quando Doc inizia a rivolgersi direttamente alla telecamera. Non parla agli spettatori, ma al suo amico regista, Robert. Quando siamo arrivati in Georgia le cose si sono complicate ancor di più. Nel Sud stavamo costruendo la storia di Doc utilizzando persone e luoghi del mio passato, quello di Paul. I miei amici sono entrati in sintonia, mi chiamavano Doc, ma interagivano con me in base ai nostri trascorsi comuni. Doc diventava più forte man mano che il suo passato e la sua realtà prendevano forma. Di conseguenza, accadde qualcosa di strano e del tutto imprevedibile. Questa persona fittizia, Doc, si è rivolta alla macchina da presa e al regista e ha cambiato il corso del film. Doc si stava facendo tagliare i capelli quando si rivolse a Robert dicendo che gli era piaciuto percorrere quella strada fin lì, ma che era giunto il momento di tornare a fare il medico. Robert disse che Doc gli sarebbe mancato, ma che lo capiva!
13.
Così, mentre Robert e la troupe continuavano a percorrere la Route 1 dalla Georgia fino alla Florida, Doc volò a Miami per cercare di sistemarsi lì. Settimane dopo, quando Robert arrivò, prese a documentare questa nuova vita. Doc aveva trovato un posto dove vivere, aveva una nuova amica e un lavoro nella sanità pubblica con i malati di AIDS. Dopo aver documentato la "nuova vita" di Doc, Doc e Robert si salutarono di nuovo e Robert proseguì verso Key West, immerso nelle immagini.
Per una volta, il soggetto/attore parlava direttamente con l'osservatore onnipotente/regista, con una certa equità e un controllo condiviso. Poi, come sempre, quando le riprese terminano la collaborazione è finita, e Robert torna alla solitudine della sala di montaggio. Si mostrerà generoso nei confronti della nostra creatività, ma alla fine la visione è sua, deve ricavare qualcosa di coerente da tutta quella vita disordinata che abbiamo vissuto.
La pellicola finita è una complessa stratificazione di diversi punti di vista e modi di vedere. Alcuni spettatori dicono di sentirsi confusi dopo averlo visto. Dopo le proiezioni qualcuno si è avvicinato per chiedermi se facevo ancora il medico. Altri vogliono sapere... "Dov'è il dottore adesso", e non tutti scherzano. Le persone hanno opinioni molto diverse su questo passaggio tra realtà fittizia e non fittizia. Per me questo è uno degli aspetti più interessanti e sovversivi di Route One. Questo processo è molto rischioso. Comunemente si ritiene che il personaggio di finzione, una volta creato, debba essere controllato e guidato dalla sceneggiatura. In caso contrario, un personaggio debole si sgonfia e risulta piatto. Un personaggio forte e sicuro di sé come Doc può scatenarsi, come una chiazza d'inchiostro che salta fuori dalla boccetta del fumettista e prende il sopravvento, correndo in giro cambiando forma e sfidando le leggi razionali dello schermo. È troppo anarchico, e se il tema è "serio", è difficile per lo spettatore rimanere seduto e godersi il film. Route One ha una storia, una narrazione e dei "personaggi"... ma la prospettiva si sposta sempre tra l'oggettivo e il soggettivo. Il nostro obiettivo era la poesia, non il giornalismo o l'intrattenimento.
Robert Kramer nel fotogramma di un'intervista negli anni Novanta [fonte: Centre national du Cinéma et de l'Image animée (CNC) https://imagesdelaculture.cnc.fr/-/robert-kramer-itineraire-d-un-film-maker]
14.
Nel corso dell'ultimo decennio la gente ci ha chiesto (e noi stessi ci chiediamo) se faremo ritornare Doc. Stiamo entrambi lavorando a progetti diversi, ma ci domandiamo se ci sarà una nuova avventura con Doc. Abbiamo parlato di dolore e di morte, e Doc sarebbe un buon compagno di viaggio in quei luoghi oscuri.
E come potremmo fare? Camminando e parlando. Robert scriverebbe, poi ci rimetteremmo a parlare e lui riscriverebbe. Condivideremmo libri, film e musicassette, racconti e segreti del passato. Ci apriremmo l'uno alle paranoie e ai sogni dell'altro. Berremmo, ci sballeremmo, divideremmo lunghi pasti. Inzirebbe ad emergere il rapporto di Doc con certe idee e luoghi. Il processo di scoperta potrebbe cominciare di nuovo.
[traduzione di Roberto Viganò]