[il ritratto di Marcus Rediker è di Curtis Reaves]
A proposito di storia dal basso
Di Marcus Rediker
«Storia dal basso», come tutti sanno, è uno dei modi con cui approcciarsi allo studio del passato. Ha una sua lunga tradizione che risale ai primi resoconti della storia umana, inclusi la Bibbia, il Corano e altri testi fondativi. Nel 1935 Bertolt Brecht evocò l’origine antica di questa pratica in apertura di un poema intitolato A Worker Reads History (Domande di un lettore operaio):
Chi ha costruito le sette porte di Tebe?
I libri sono zeppi di nomi di re.
Sono forse stati dei re a spostare quegli spigolosi blocchi di pietra?
Come chiarisce Brecht, la storia dal basso è quella storia che parla delle persone che hanno costruito il mondo in cui viviamo, quelle stesse persone che per secoli sono state escluse dalle narrazioni fatte dall’alto verso il basso dalle élite. Nella storia dal basso, tutti vengono inclusi, tutti contano.
La storia dal basso ha profonde radici internazionali – histoire par en bas in Francia, geschichte von unten in Germania, storia dal basso [in italiano nel testo] in Italia – solo per menzionare tre paesi i cui gli storici hanno dato contributi importanti. Ma anche sejarah dari bawah in Indonesia o kasaysayan mula sa ibaba nelle Filippine. La frase si traduce in Kiswahili come historia ya wavuja jasho, in turco aşağıdan tarih e in arabo tarikhe mardom. In cinese mandarino viene 由下而上的歷史, dal giapponese 民衆史, dal coreano 아래로부터의 역사 e infine dal bengali নিম্নবর্গের ইতিহাস, quest’ultima una variante influente che si traduce con subaltern studies. In Gran Bretagna e negli Stati Uniti la storia dal basso viene anche definita people’s history, (storia delle persone), o radical history (storia radicale) o history from the bottom up (storia dal basso verso l’alto). Percorrendo l’America Latina si trovano espressioni come historia desde abajo (storia dal basso) e historia a ras de suelo (storia raso terra). Gli storici brasiliani praticano la história a partir de baixo, in particolare nel ricco ambito degli studi sulla schiavitù.
La storia dal basso è storia ribelle e deriva molta della sua popolarità e della sua forza dai movimenti dal basso. L’espressione nel suo uso moderno risale al 1930, quando Lucien Fevbre, George Lefebvre e A.L. Morton la impiegarono per analizzare la storia dei lavoratori in Francia e Inghilterra. L’uso del termine è esploso a livello internazionale fra il 1960 e il 1970 quando vari movimenti avanzarono la richiesta di nuove storie. Negli Stati Uniti e in molti altri posti nel mondo i movimenti per i diritti civili e per i diritti dei neri (black power) rivendicarono una riflessione sul passato che prendesse sul serio le questioni della razza e della schiavitù. I movimenti contro la guerra e quelli anticoloniali, in particolare quelli contro la guerra in Vietnam, chiesero che fossero riscritte le storie degli imperi e dei movimenti di resistenza. I movimenti per l’emancipazione della donna lanciarono forse la sfida più grande alle storie convenzionali, insistendo affinché la parte più consistente dell’umanità venisse inclusa. Tutti questi movimenti chiedevano: qual è il vero soggetto della storia? La storia dal basso, come forma politica di fare storia sociale, nasce per dare una risposta a questa domanda.
Da queste molteplici radici militanti, la storia dal basso è cresciuta per diventare una tradizione di scrittura storica, una tradizione che ha numerosi punti di accesso. Per quanto mi riguarda sono approdato a questo approccio attraverso una combinazione di storia afroamericana e di storia della classe operaia. Un testo chiave è stato The Black Jacobins: Toussaint L’Ouverture and the San Domingo Revolution (1938), scritto dall’attivista studioso radicale di Trinidad C.L.R. James, che ha cercato di elevare la rivoluzione haitiana allo stesso livello storico di quella francese. Due altri testi formativi sono stati scritti da E.P. Thompson e Christopher Hill, entrambi membri del British Communist Party Historians’ Group, attivo dal 1946 al 1956. The Making of the English Working Class di Thompson, uno studio sulla formazione della classe pubblicato nel 1963, è considerato da molti il libro di storia dal basso più importante mai scritto. The World Turned Upside Down: Radical Ideas in the English Revolution (1972) di Hill, ha offerto una nuova storia intellettuale dal basso dei radicali protestanti che hanno attaccato la proprietà privata, il patriarcato, la schiavitù, e le tirannie di ogni genere, anticipando di oltre un secolo i militanti dell’«epoca della rivoluzione» della fine diciottesimo secolo. James, Thompson e Hill hanno enfatizzano il potere di fare la storia della gente comune, instituendo un principio cardine della storia dal basso. James ha definito questo potere «working-class self-activity» (l’autoattività della classe operaia) mentre Thompson più direttamente la chiama «agency».
A mio avviso, ci sono sei elementi essenziali della storia dal basso. In primo luogo, il progetto considera i lavoratori come soggetti primari di studio. In secondo luogo, la storia dal basso dal basso si concentra su potere, oppressione e resistenza, vale a dire che la storia dal basso è sempre in relazione con la storia fatta dell’alto. Terzo e quarto, la storia dal basso cerca di comprendere l'esperienza e la coscienza di sé della classe lavoratrice: quali sono le difficoltà che attraversano, come pensano e perché decidono di agire nel loro ambito sociale. Quinto, gli storici dal basso cercano sempre di recuperare le voci dei soggetti che studiano, di lasciarli parlare per loro stessi quando e dove possibile. Sesto e ultimo punto, la storia dal basso dal basso vede i lavoratori non solo come soggetti, ma anche come artefici della storia, come James, Thompson e molti altri ci hanno insegnato.
Permettetemi di illustrare concretamente questi sei elementi attraverso il mio libro The Fearless Benjamin Lay: The Quaker Dwarf who Became the First Revolutionary Abolitionist (2017) [Il piantagrane: storia di Benjamin Lay, elèuthera, 2019], una biografia dal basso. Lay, vissuto tra il 1682 e il 1759, rivendicò l'abolizione della schiavitù in tutto il mondo due intere generazioni prima dell'emergere di un movimento anti-schiavista alla fine del diciottesimo secolo. Era un comune lavoratore: un pastore, un marinaio e un guantaio. Visse per un breve periodo alle Barbados, la principale società schiavista della sua epoca, dove fu testimone, personalmente e in modo terrificante, sia del crudo potere della classe dominante schiavista sia dell'oppressione/resistenza delle persone ridotte in schiavitù. L'esperienza da marinaio di Lay gli permise di sviluppare una coscienza di classe in cui applicò l'etica della solidarietà propria dei marinai a tutti i lavoratori sfruttati, in particolare agli schiavi e alle donne, chiedendone contestualmente l'emancipazione. Lay scrisse anche un libro bruciante testo intitolato All Slave-Keepers that Keep the Innocent in Bondage, Apostates (1738) [Tutti gli schiavisti che tengono gli innocenti in catene sono apostati], in cui innalzò la sua profetica voce contro la schiavitù. Lay fece la storia contribuendo alla costruzione di un movimento all’interno dei quaccheri, movimentò che fondò la prima organizzazione anti-schiavitù del mondo nel 1775 e che un anno dopo divenne il primo gruppo ad abolire la schiavitù al proprio interno.
La maggior parte dei lavoratori non scrive un libro come invece ha fatto Benjamin Lay, quindi la sfida più grande nello scrivere la storia dal basso è di solito trovare le fonti. Molti lavoratori hanno vissuto interamente all'interno della tradizione orale, le loro vite sono state riportate solo da estranei che spesso erano anche i loro nemici, è il caso ad esempio delle popolazioni indigene delle Americhe che hanno subito la mortale invasione degli europei. La storia dal basso deve quindi essere praticata leggendo le prove prodotte dalle classi dominanti, prove che vanno lette in modo creativo, «tra le righe» o «contropelo» [against the grain nell’orginale n.d.t.], come molti hanno fatto notare.
E.P. Thompson ne ha fatto una descrizione particolarmente vivida: dobbiamo porre i nostri documenti sotto una «luce satanica» e leggerli al contrario, alludendo ai processi di stregoneria all’inizio dell’epoca moderna, nei quali si sosteneva che le streghe sapessero leggere al contrario come parte del loro piano per capovolgere il mondo.
La sfida delle fonti comporta che coloro che desiderano scrivere la storia dal basso devono capire il modo in cui le società che stanno studiando abbiano prodotto documentazione sulla gente povera. Mentre scrivevo il mio libro Between the Devil and il mare blu profondo: Merchant Seamen, Pirates and the Anglo-American Maritime World (1987) ho imparato che i marinai poveri comparivano nei documenti dei tribunali, in particolare negli High Court of Admiralty Papers di Londra dove venivano giudicate le controversie marittime, come l’ammutinamento, la pirateria, gli scioperi e i conflitti salariali.
Ho anche imparato che nella storia dal basso ogni fonte è importante: canti di mare, resoconti dei viaggiatori, documenti governativi, diari, cronache e corrispondenze dei mercanti. Ognuna deve essere attentamente indagate alla ricerca di potenziali indizi preziosi sulla vita degli oppressi. La storia dal basso è spesso un mosaico di frammenti accuratamente assemblati.
La storia dal basso è presentata al meglio attraverso la forma più democratica di comunicazione: la narrazione basata sulla tradizione popolare. Lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano lo ha realizzato in modo particolarmente brillante, impiegando le forme e le tecniche della narrazione indigena per raccontare 500 anni di storia delle Americhe nella sua trilogia Memory of Fire [Memoria del fuoco, Rizzoli, 2005]. Ho trovato utile anche un saggio di Walter Benjamin intitolato The Storyteller. Benjamin afferma che storicamente ci sono principalmente due tipi di narratore: il contadino-cantastorie, un maestro della tradizione locale, e il marinaio-cantastorie, che riporta a casa storie meravigliose da terre lontane. Benjamin nota anche che ogni buon narratore racconta una grande storia all'interno di una piccola storia. Io ho studiato persone in schiavitù, servi a contratto, lavoratori domestici, marinai e operai di fabbrica, ma in tutti i casi il mio obiettivo era in ogni caso era quello di illuminare il tema più ampio della sanguinosa ascesa del capitalismo.
La storia dal basso avrà sempre un flusso e un riflusso in relazione alla forza dei movimenti dal basso. Ma allo stesso tempo è una tradizione che è stata costruita, pazientemente e deliberatamente, nel corso di molti decenni e che è sopravvissuta – e a volte anche prosperato – durante periodi di relativa quiescenza e reazione. Gli studiosi e gli attivisti più giovani possono studiare questa tradizione di scrittura storica e utilizzarla per generare nuove visioni di possibilità politica. La storia dal basso mantiene viva la memoria delle lotte passate, dicendo a coloro che lottano per un futuro diverso: non siete soli. Le vostre lotte hanno una lunga storia, da cui potete trarre conoscenze pratiche e ispirazione.
Marcus Rediker è Distinguished Professor of Atlantic History presso la University of Pittsburgh. Le sue «storie dal basso» hanno vinto numerosi premi, tra cui il George Washington Book Prize, e sono state tradotte in tutto il mondo in diciassette lingue. È autore di La nave negriera e insieme a Peter Linebaugh ha scritto I ribelli dell'Atlantico: la storia perduta di un'utopia libertaria. Ha inoltre prodotto il premiato film documentario Ghosts of Amistad (2013), diretto da Tony Buba.
[fonte: «Trashumante: Revista Americana de Historia Social» (Medellín, Colombia), 31 luglio 2022]